L’amica geniale e il narcisista Nino Sarratore che tutte abbiamo incontrato come Lila e Lenù

In mezzo a tanti personaggi maschili violenti il più violento di tutti, anche se non usa mai le mani per colpire, è proprio lui. Lo dice bene Lila nella terza stagione tratta dal romanzo di Elena Ferrante: "Ti toglie la voglia di vivere"

Frame dalla serie 

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E se il vero protagonista de L'amica geniale fosse Nino Sarratore? A pensarci bene in quattro libri è lui il personaggio che, sin dall’inizio, ha costruito l’intera trama. Il burattinaio dei sentimenti feriti di entrambe le amiche. E in mezzo a tanti personaggi maschili violenti il più violento di tutti, anche se non usa mai le mani per colpire, è proprio lui. Lo dice bene Lila nella terza stagione "Ti toglie la voglia di vivere". In fondo il tema centrale di questa opera, dopo l'amicizia è la violenza sulle donne. Ognuno fa del male come sa. Chi non ha studiato ed è ignorante, con le botte, schiaffi, calci, pugni, stupri. Chi veste i panni dell'intellettuale -che si batte per la parità durante le prime manifestazioni femministe in Italia- annienta con la violenza psicologica, la manipolazione, l'abbandono.

Il narcisista

C'è qualcosa di orrendo in Nino Sarratore in tutti i libri e in tutte le stagioni. Questo suo fingere di considerare le donne sue pari e poi giocare con tutte come fossero oggetti utili a tessere i propri interessi fintamente rivoluzionari, ma invece così ben radicati nella sua generazione. Scappa dal padre pedofilo e stupratore ripudiandolo, ma con modi gentili ferisce e uccide tutte quelle che incontra senza rendersi conto che, a ogni suo passaggio, lascia macerie.
La scelta di Ferrante non è casuale. La sopraffazione maschile, anche quando non si traduce in furia, non c'entra con la cultura dei libri. La scuola non serve a vincere la meschinità maschilista. È un traditore Nino. Tradisce fidanzate, amici, insegnanti, si pensa l'eroe temerario e maledetto di un poema epico e invece è solo un piccolo uomo mediocre che si nasconde dietro occhiali e capelli spettinati.

Franco Mari, l'unico vero femminista

Ferrante riesce a farcelo odiare più di quelli che picchiano, perché se la violenza fisica è più rara oggi che negli anni 60 e 70, quella subdola di Nino l'abbiamo provata tutte. È colui che ti isola. Ti fa perdere amiche e famiglia. Ti schiaccia senza toccarti con un dito. Il personaggio più attuale e terribile è lui. Un narcisista così ben disegnato che ci insegna che se uno schiaffo lo riconosci, per fronteggiare un Nino a caso nel mondo, bisogna essere ben vaccinate.
È l'unico rimedio è amarsi più di chiunque altro. Perché come dira l'unico personaggio maschile femminista della quadrilogia, Franco Mari: “Se vuoi più bene a lui che a te, ti conviene prendertelo e prendertelo così com’è, prenderti le porcherie di cui è e sarà capace. L’amore finisce solo quando è possibile tornare a noi stessi, senza timore né disgusto”. L'indimenticabile amore giovanile di Elena Greco, conosciuto durante gli studi all’università di Pisa che fa un percorso inverso a Nino. Proveniente da un ambiente borghese, Franco ha scelto di abbandonare i privilegi della sua classe per abbracciare gli ideali politici a cui teneva, mostrando così il suo disprezzo per le disuguaglianze sociali innate. La sua esistenza è perennemente turbata dai fantasmi di un brutale attacco subito da giovane per mano dei fascisti, che gli ha lasciato un occhio di vetro e ricordi dolorosi. La sua tragica fine: il suicidio lo eleva a personaggio puro, all'unico vero Uomo della tragedia di Ferrante. Che pur di non piegarsi sceglie il gesto estremo.

Il tema della dipendenza affettiva

Se da una parte c'è Nino che prima ha calpestato Lila e poi disintegra Lenù, dall'altra appunto ci sono le sue vittime. Affette, specialmente Elena per tantissimi anni, da dipendenza affettiva. Scrittrice affermata e in prima linea per i diritti delle donne, Lenù finge a se stessa e alle sue lettrici una emancipazione che non è mai riuscita a realizzare nel concreto della sua vita. L'uomo, Nino con tutto il suo egoismo governerà la sua vita e quella delle sue figlie. Soggiogata da un amore tossico che la priverà della sua dignità. Come ha ricordato il dottor Enrico Maria Secci: "Purtroppo la dipendenza affettiva è soprattutto un gioco di parole, un tragico cabaret di travisamenti, di fraintendimenti, di mezze verità e di truismi disperanti. Una dimensione psicologica insonorizzata, dove le voci degli altri, comprese quelle degli psicoterapeuti, arrivano attutite, esili come l'ovatta che colpisce un muro". La voce di Lila che cercherà di salvarla dal mondo bugiardo che si è costruita, è la meno ascoltata. Proprio perché portatrice col suo carico di verità, di grande dolore. La trappola del narcisista colpisce tutti: "Si potrebbe pensare che un adulto che si fa manipolare sino alla malattia mentale sia, in fondo, un malato latente e non diagnosticato, ma non è così - spiega Secci-. Se è vero che le persone “meglio funzionanti” sono designate, allora ognuno di noi è potenzialmente una vittima. Non importa quanto siamo stati forti in passato. Se diventiamo dipendenti affettivi non è per via di chissà quale debolezza costituzionale, ma a causa di precise dinamiche relazionali di stampo manipolatorio a cui è possibile sottrarsi iniziando col chiedere aiuto senza vergognarsi. In fondo l'ultimo capitolo della saga si intitola "Storia della bambina perduta" ed è in questo stato di perenne infanzia e vuoto esistenziale che entrambe le amiche si cimentano senza riuscire mai a guarire del tutto. 

13/11/2024
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