Influencer e vip che mostrano i figli sui social: ecco qual è il reale effetto sui minori
Al contrario, altri personaggi famosi, come Naomi Campbell, hanno preferito non mostrare la prole attraverso i media. La psicologa ci indica la giusta via
La straordinaria diffusione dei social media negli ultimi anni ha fatto in modo che tanti genitori abbiano cominciato a condividere immagini e video dei propri figli sui social. Questa è una scelta che alcune influencer o personaggi dello spettacolo, come Chiara Ferragni, Fedez, Belen, hanno deciso di percorrere, con il risultato di accrescere anche la popolarità di questi ultimi, a prescindere dalle intenzioni iniziali. Al contrario, altri personaggi famosi, come Naomi Campbell, hanno preferito non mostrare la prole attraverso i media.
Questa esposizione mediatica quali effetti può avere sui figli?
Il fenomeno dell'esposizione costante dei bambini sui social media da parte dei loro genitori, o di altri adulti che ne sono responsabili, è sintetizzata in ambito anglosassone dall'espressione sharenting (dall'unione delle parole share, condividere, e parenting, essere genitori). Alcune ricerche descrivono una sorta di disorientamento molto comune tra i bambini protagonisti fin dalla nascita di foto e video diffusi pubblicamente dai loro genitori influencer. Crescendo, alcuni si rendono conto della propria presenza online, significativamente maggiore rispetto ai coetanei. Un esempio di qualche anno fa è il caso di una influencer californiana, Collette Wixom. Suo figlio di otto anni tornò un giorno a casa da scuola chiedendole se fosse famoso, dopo aver scoperto molti video e foto di sé cercando il suo nome su google: “Non sei famoso ma la gente sa chi sei”, gli rispose lei, descrivendo suo figlio come consapevole del fatto che venisse spesso fotografato da lei, ma non “esplicitamente consapevole” del fatto che le persone poi vedessero davvero quelle foto (Il Post, 10 settembre 2022).
Le vite dei kidfluencer, uno dei nomi attribuiti dai media ai bambini molto popolari sui social, sono solitamente organizzate in routine quotidiane piuttosto rigide, intorno alle quali i genitori pianificano varie pubblicazioni, certi che i bambini si divertano molto. Uno degli aspetti problematici della condivisione di contenuti sui bambini riguarda innanzitutto il loro consenso. Sono esposti sulle piattaforme digitali senza averlo mai scelto consapevolmente e,di solito, senza che i loro genitori abbiano soppesato le ripercussioni dannose che potrebbero emergere a lungo termine.
Lo sharenting può essere dannoso per diversi motivi:
- perdita della privacy: l'identità digitale creata condividendo contenuti sui bambini rischia di dare troppe informazioni ai social perdendo la privacy;
- cyberbullismo: la condivisione può favorire molestie o intimidazioni online;
- frodi: i bambini potrebbero diventare bersagli di frodi per via delle informazioni presenti in Rete;
- adescamento del minore: i dati dei minori, come le passioni, lo sport praticato, l'istituto frequentato e le abitudini degli stessi, se costantemente esposti online possono rappresentare terreno fertile per i malintenzionati che, dopo aver intrapreso una sorta di percorso di avvicinamento, possono praticare atti di adescamento online;
- uso di contenuti per scopi sessuali: immagini o video, per quanto innocenti, possono essere condivisi liberamente da chiunque, sia attraverso semplici screenshot che mediante il download diretto, per poi venire pubblicati in altri contesti senza alcuna limitazione. Non esiste dunque alcuna certezza circa l'utilizzo che ne verrà fatto da terzi, e occorre tenere ben presente che ad oggi, attraverso l'uso di semplici programmi di fotoritocco, è possibile manipolare il materiale personale con una certa facilità, rendendolo di carattere pedopornografico, con tutte le ripercussioni del caso.
In passato, la maggior parte delle fotografie dei bambini e della famiglia era scattata con l'intenzione di documentare qualcosa per sé e da conservare nel tempo. Oggi, invece, la maggior parte delle persone scatta fotografie pensando di condividerle immediatamente con altre persone.
In conclusione, non è chiaro se e in che misura in futuro le pubblicazioni di contenuti relativi ai bambini potranno essere trattate come una sorta di punteggio, una metrica del loro capitale sociale. Né quali effetti avranno sulle loro vite: sulle loro reputazioni a scuola e sulle loro carriere professionali, ma prima ancora sulla loro capacità di sviluppare il proprio senso di sé (Plunkett, 2019).