L'atroce dramma delle donne indiane: costrette a rimuovere l'utero per lavorare
Le donne che lavorano nelle piantagioni di canna da zucchero non devono, o meglio non possono, perdere nemmeno una giornata di lavoro per le indisposizioni legate alle mestruazioni. Ma c'è dell'atro
Se lavorare è un dovere, essere donna non è un diritto. E' per questo che in India, il Paese che mostra ogni giorno le più assurde contraddizioni sul destino del gentil sesso, in tante sono costrette ogni anno a farsi letteralmente 'strappare' il grembo pur di poter lavorare come schiave nei campi di canna da zucchero. Le 'fortunate' che trovano un impiego come braccianti non possono perdere nemmeno una giornata di lavoro per indisposizioni legate al ciclo mensile e vengono invitate a risolvere il problema in maniera drastica con una isteroctomia ovvero l'asportazione chirurgica dell'utero. Una pratica vergognosa che riguarda tanti Stati ma in particolare quello occidentale del Maharashtra, dove negli ultimi anni il numero delle donne che hanno dovuto cedere all'assurdo 'ricatto' sono state tantissime: come denunciato dalla ONG Tathapi sul quotidiano locale First Post, ben 4500.
Una donna con il ciclo non può lavorare a pieno ritmo
Il perché di un tale accanimento contro chi si macchia, e non solo metaforicamente, del peccato di essere donna è legato al fatto che lavorare come raccoglitrice di canna da zucchero richiede uno sforzo davvero grande e, posto, che i datori di lavoro accettino di impiegare delle donne nel difficile periodo della mietitura, la presenza minima richiesta è di almeno 12 ore al giorno. Il tutto ovviamente senza poter contare sulla presenza di servizi igienici. Ora, considerato che per ogni giorno di assenza, a prescindere dalla motivazione e quindi anche in caso di malattia o malesseri, è prevista una multa salatissima, vien da sé che per una donna con il ciclo mestruale è praticamente impossibile solo pensare di poter adempiere ai suoi obblighi. Ecco che qui entra in gioco l'atroce pratica.
Migliaia di donne costrette a rimuovere l'utero
Al di là dell'impossibilità di essere 'in forma' per poter svolgere il lavoro nei campi, c'è un altro aspetto da non sottovalutare che ha portato ad una crescita del fenomeno ( secondo le indagini più recenti, risalenti cioè al 2018, il 36% delle raccoglitrici di canna da zucchero ha subito l’intervento di rimozione dell'utero mentre la media nazionale è solo del 3,2%). Sempre più spesso dietro l'atroce pratica si celano vere e proprie 'organizzazioni' locali nate dall'accordo tra lavoratori e medici, con questi ultimi che consigliano l'asportazione dell'utero (nell’85% dei casi l’operazione si è svolta in una clinica privata) paventando il rischio di cancro cervicale. In questo modo le donne sono 'costrette' a sottoporsi all'intervento e il chirurgo riesce ad intascare tra le 20.000 e 40.000 rupie. Ovvero più di quanto guadagnerebbe una donna per l'intera durata del raccolto.