Drogata e stuprata per anni da oltre 50 uomini: “Sono una donna distrutta ma lotto per le altre”. Poi le parole di fuoco per l’ex marito
Il grido di Gisele Pellicot è per tutte le vittime di stupro: “Non ci dobbiamo vergognare noi”. A 71 anni è diventata un simbolo delle femministe, il suo è un caso di #metoo moltiplicato
"Sono una donna completamente distrutta", così ha esordito Gisèle Pelicot ieri davanti ai giudici del tribunale del processo al suo ex marito e ad altri 50 uomini che l'hanno violentata per anni mentre era incosciente e drogata dal coniuge. Ma non erano parole di resa le sue: "Io sono una donna completamente distrutta - ha detto la protagonista del caso che ha scosso la Francia - ma lotterò per cambiare questa società", davanti alle violenze sessuali subite dalle donne.
Processo a porte aperte
Per questo ha chiesto che il processo "per gli stupri di Mazan" (sud della Francia) non si svolgesse a porte chiuse, non si è nascosta e si è sempre lasciata fotografare a ogni udienza nonostante la scabrosità dei racconti e delle immagini mostrate in aula: "Volevo - ha spiegato - che tutte le donne vittime di violenze si dicano 'Gisèle Pelicot l'ha fatto, possiamo farlo anche noi'. Non voglio più che se ne vergognino. La vergogna non dobbiamo provarla noi, ma loro", ha aggiunto, confermando "la volontà e la determinazione a cambiare questa società".
Orrore senza fine
La voce di Gisèle Pelicot era rivolta ai giudici che la interrogavano in aula, ma colei che per anni è stata drogata dal marito che la faceva stuprare da estranei, 50 dei quali imputati nel processo, si rivolgeva soprattutto a tutte le donne. E non ci sono state solo le domande dei giudici, ha dovuto affrontare pure le accuse degli avvocati della difesa, molti dei quali hanno insinuato che lei non fosse stordita come affermava, ma fosse ben cosciente e addirittura "provocasse" gli uomini convocati dal marito, che filmava le violenze. Ha voluto parlare ed ha voluto che tutti potessero ascoltare e vedere le immagini di questo processo in cui lo stesso Dominique Pelicot, il suo ex marito, ha più volte confermato che tutti gli uomini da lui invitati stuprare sua moglie fossero prima stati informati del suo stato d’incoscienza.
“Non so se la vita mi basterà per rialzarmi”
A 71 anni, Gisèle Pelicot è diventata un simbolo delle femministe, il suo è un caso di #Metoo moltiplicato all'ennesima potenza. I racconti, i video, le immagini, le ammissioni di quanto avvenuto per anni nella sua casa, quando lei era stordita dalle droghe che le propinava il coniuge, hanno segnato un punto che molti non credevano possibile: "Voglio - ha detto oggi con voce chiara - che il mio esempio serva alle altre". Il processo, nel quale il marito e i 50 imputati rischiano 30 anni di carcere, è giunto a metà del suo lungo percorso, cominciato il 2 settembre e previsto fino al 20 dicembre. La vittima è stata quindi invitata a "dare le sue impressioni" dal presidente del tribunale, Roger Arata. "Non so come mi ricostruirò - ha ammesso Gisèle - come mi rialzerò dopo tutto questo. Per fortuna, sono aiutata da uno psichiatra, ma mi serviranno ancora tanti anni. Presto ne avrò 72, e non so se la vita mi basterà per rialzarmi".
“Come hai potuto?”
La tensione è aumentata ulteriormente quando la donna si è rivolta al marito, sul banco degli accusati. Non lo ha mai guardato, gli ha soltanto chiesto, con forza: "Come hai potuto?". Per 10 anni, droghe e ansiolitici, stupri da parte di sconosciuti da lui reclutati su Internet. "Cerco di capire come ha fatto mio marito, l'uomo perfetto, ad arrivare a una cosa così....questo tradimento è incommensurabile. Cinquant'anni insieme - ha detto rivolta al pubblico - pensavo di finire i miei giorni con questo tipo... . Tu hai toccato il fondo dell'animo umano, purtroppo sei stato tu a scegliere".