“Io, Gisèle Pelicot, ecco tutta la verità”: quanti erano davvero gli stupratori? La lettera toccante della regina Camilla
Su Discovery+ il documentario sul caso giudiziario che ha sconvolto non solo la Francia. Intanto, la solidarietà alla 72enne francese arriva anche da Buckingham Palace
La vera storia di uno dei casi più sconvolgenti della storia giudiziaria francese, con protagonista una donna che è diventata non solo simbolo, ma anche coraggioso esempio di lotta contro la violenza sulle donne e la cultura patriarcale diventa un documentario. Mentre si diffonde la notizia che anche la regina del Regno Unito, Camilla, è rimasta tanto impressionata dalla vicenda di madame Pelicot da scriverle personalmente un accorato messaggio, dal 7 marzo in streaming su Discovery+ è disponibile il documentario "Io, Gisèle Pelicot - tutta la verità".
La vergogna sull’aguzzino e non sulla vittima
Per quasi un decennio, Gisèle Pelicot è stata inconsapevolmente drogata e abusata dal marito, Dominique Pelicot, che allo stesso tempo invitava decine di altri uomini a violentarla. Ed è notizia di qualche giorno fa che anche la figlia Caroline Darian accusa il padre di essere stata abusata. Nel dicembre 2024, il tribunale francese ha condannato l'uomo alla pena massima di 20 anni di carcere e a questa vicenda, per scelta di Gisèle, è stato dato un risalto mediatico senza precedenti. Proprio perché la donna ha fortemente voluto che il processo fosse pubblico, affinché la vergogna ricadesse sullo stupratore e non sulla vittima. Questa coraggiosa apertura a condividere con il mondo la sua orribile storia, ha reso Gisèle un'icona femminista.
Gli stupratori erano più di 50
Se le indagini prima e il processo poi hanno potuto dimostrare il coinvolgimento di 51 uomini, è subito emerso che in realtà erano molti di più. Quanti? Più di settanta. Ma cosa spinge più di settanta uomini a scegliere di partecipare a uno dei crimini più vergognosi e cosa spinge una sola donna a decidere di urlare la sua verità di fronte al mondo intero, per consegnarli alla giustizia? Il docu-film esamina, in una prospettiva psicologica, legale e culturale, i terribili crimini di Dominique Pelicot e li contrappone alla dignità e al coraggio della sua ex moglie, Gisèle.
Le voci degli abitanti di Mazan
Interpellando le voci della comunità di Mazan, dove i Pelicot vivevano una pensione apparentemente idilliaca, di coloro che sono stati in tribunale ogni giorno e di chi ha seguito la vicenda da lontano, si offre uno spunto di riflessione profonda su come mai questi crimini non siano stati denunciati per così tanti anni e sulle domande complesse che oggi gli uomini dovrebbero chiedersi, a proposito della 'mascolinità' contemporanea. Perché per dieci anni questo patto scellerato fra uomini ha retto senza che neanche uno crollasse e qualche raro pentimento si è avuto solo al processo, una volta scoperto macabro rito di Dominique Pelicot?
Camilla scrive a Giselle Pelicot
Intanto, Gisèle Pelicot ha ricevuto una lettera personale per esprimere solidarietà e vicinanza. È il gesto compiuto nei giorni scorsi dalla regina Camilla, patrona nel Regno Unito di numerose iniziative di tutela delle donne, e svelato oggi dal tabloid britannico Daily Mail in prima pagina. Una lettera in cui la sovrana, consorte di re Carlo III, si rivolge alla donna francese, ultrasettantenne come lei, elogiando "la straordinaria dignità e il coraggio" con cui è riuscita a portare alla luce quanto accadutole, denunciando il marito Dominique: condannato infine nel dicembre scorso da un tribunale di Avignone per aver abusato per anni di lei, stuprandola e facendola stuprare da decine di altri uomini in stato d'incoscienza dopo averla drogata. Camilla si dice "tremendamente colpita" dall'odissea sofferta da Pelicot, stando agli stralci della missiva filtrati sui media.
L'ammirazione della regina
Missiva di cui Buckingham Palace ha confermato l'esistenza, ma non voluto rendere noto il testo per ragioni di privacy: limitandosi a sottolineare - per bocca di un'assistente reale - l'ammirazione della regina, impegnata da molto tempo come "attivista contro le violenze sulle donne", a cominciare da quelle consumate in famiglia, per il modo in cui Gisèle ha saputo trasformare il suo dolore personale in una battaglia femminista. E in un atto di denuncia contro una "significativa piaga sociale" globale.