Gino Cecchettin, la grandezza di un padre: "Cosa ho imparato da Giulia e perché nel libro non nomino mai chi l'ha uccisa"
"Ogni volta che passo davanti alla porta della tua camera, ancora aperta come l'avevi lasciata tu, mi dico che è quello che tu avresti voluto. Mettere a tacere la rabbia e dare un senso al dolore con quella tua grazia tranquilla che infondevi in tutte le cose": le parole toccanti del padre
Quando entra in studio- anche se gli applausi sono d'obbligo come per ogni ospite- il silenzio lo senti. E' una atmosfera di rispetto che si crea, una sorta di preghiera laica. Un padre a cui hanno ucciso la figlia, un padre che non si concentra sull'odio verso l'assassino ma esclusivamente sulla memoria della sua ragazza strappata alla vita troppo presto, ci fa chinare il capo, ci ricorda che la vita può inghiottirci da un momento all'altro e per continuare a galleggiare, a dare un senso a tutto il dolore, bisogna essere persone grandiose. Per questo non smetterà mai di colpire il garbo, la gentilezza, il rigore morale e la dignità di Gino Cecchettin, padre di Giulia, 22 anni, uccisa a novembre dello scorso anno dal suo ex fidanzato, Filippo Turetta a pochi giorni dalla laurea. Diventata simbolo suo malgrado dei femminicidi, soprattutto dopo l'accorato appello della sorella Elena contro il patriarcato. Un discorso che fece molto clamore e scosse le coscienze e provocò anche alcune polemiche tra coloro che continuano a negare che i casi di violenza sulle donne rientrino in un modello sociale di potere e abuso che va scardinato attraverso una nuova cultura che smantelli una volta per tutte quella del possesso. L'impegno di questa famiglia, a cui non solo l'Italia, ha guardato in quei giorni drammatici con compassione e ammirazione, è diventato anche un libro: 'Cara Giulia'.
L'intervista da Fabio Fazio
"L'ho scritto per diversi motivi, perché ogni cosa che faccio cerco di capire cosa avrebbe fatto lei. Iniziando a mettere nero su bianco le mie sensazioni, ho capito che quello modo migliore per elaborare il lutto, per far pace con quello che è successo e lasciare qualcosa di utile per gli altri". Ospite di Fabio Fazio, Gino Cecchettin a 'Che tempo che fa', spiega: "Il libro fa parte di un progetto più ampio, la realizzazione di una fondazione a sostegno di associazioni che già operano sul territorio". E poi la risposta che dimostra ancora una volta la grandezza di quest'uomo: "Con i genitori (di Filippo Turetta) ci siamo sentiti per messaggi un paio di volte, l'ultima per Natale e rinnovo a loro tutto il mio sostegno, stanno vivendo ancora adesso un dramma". Nel libro, spiega, "non cito il nome (di Turetta) perché ho deciso fin da subito di concentrarmi su Giulia".
Un estratto del libro che esce il 5 marzo
"Mi sono sempre ritenuto una persona 'del fare' e in questo momento mi sto chiedendo quali comportamenti pratici posso mettere in atto non solo per arginare la violenza fisica e psicologica, ma anche per riequilibrare i comportamenti quotidiani, il linguaggio, la nostra cultura che è l'humus, il terreno che alimenta certe situazioni di violenza. Credo che oggi al centro della questione si tratti di mettere l'uomo. Siamo noi uomini i primi a dovere cambiare", scrive Cecchettin, come riporta la Repubblica.
"Credo sia evidente una disparità tra i generi, nelle relazioni, e forse più che cercare di analizzare gli episodi più efferati, quelli violenti, sia importante cercare di comprendere in quale mondo queste azioni estreme si sviluppano e prendono la loro linfa. Da dove nascono, quale ne è l'origine, su che terreno attecchiscono. È da qui che bisogna partire, da una cultura che fa della disparità tra i generi uno dei suoi fondamenti. Forse il più profondo. Ora che possiamo vedere meglio le cose è giunto il momento di costruire un'alleanza tra i sessi, anziché consolidare la prevaricazione dell'uno sull'altro. Dobbiamo puntare a una cultura della riconciliazione più che a quella del riscatto. Parto da me. Mi sento chiamato in causa, in quanto uomo, maschio. E voglio iniziare rispondendo alla domanda: come posso io, proprio in quanto uomo, modificare o, anzi, migliorare le cose? […] Siamo noi uomini i primi a dovere cambiare. E dobbiamo parlare soprattutto a quelli che desiderano il cambiamento e non si sentono più aderenti ai modelli che sono stati trasmessi loro dai padri. Li ho visti, sono tanti, tantissimi, la maggior parte, che hanno preso parola e ci hanno manifestato la loro vicinanza e il loro dolore. Solo così possiamo trasformare gli atteggiamenti collettivi e i modelli di riferimento e togliere la terra sotto i piedi all'uomo violento. Che poi non è altro che un uomo talmente fragile da interpretare un rifiuto o un fallimento come un attacco alla propria individualità più profonda, quella di essere chi decide e comanda, che intende la relazione a due come un possesso e considera un rifiuto come un furto da cui essere risarcito. Partiamo col trasmettere nuovi modelli in casa, coi figli. Educhiamoli a un amore sano, che significa crescere insieme, ma anche accoglienza, dialogo […]. Viviamo in un altro mondo rispetto a quello che ci è stato trasmesso. A quello che a me è stato trasmesso da mio padre. Lavoriamo insieme e forziamo la cultura che ci è stata tramandata. Non è più adatta, se mai lo è stata, al mondo nel quale viviamo. E che sia un percorso che dobbiamo fare insieme, donne e uomini, io l'ho imparato da Monica, da Elena, da Giulia e da Davide", passaggio dell'estratto riportato da la Repubblica.
Le parole toccanti per Giulia
"Ho scritto questo libro perché vorrei che non succedesse ad altri. E se le mie domande e i miei pensieri dovessero salvare o aiutare anche una sola persona, avrei compiuto qualcosa di importante e utile. Ogni vita ha un valore inestimabile. Che almeno ciò che è capitato a noi serva a qualcosa. A qualcuno. Agli altri. Soprattutto vorrei parlare ai ragazzi. Farli riflettere su ciò che conta davvero, invece che perdersi dietro inutili preoccupazioni di superficie. Ma vorrei parlare anche ai genitori. Dobbiamo sforzarci di crederci. È l'ultimo pensiero che faccio prima di andare a letto. Ogni sera, tutte le sere. Ogni volta che passo davanti alla porta della tua camera, ancora aperta come l'avevi lasciata tu, mi dico che è quello che tu avresti voluto. Mettere a tacere la rabbia e dare un senso al dolore con quella tua grazia tranquilla che infondevi in tutte le cose. Voglio impararla da te, questa grazia. Voglio farne tesoro, deve diventare il mio faro, la mia luce in queste tenebre. Trovo la forza di resistere e lottare solo se riesco a riportare in vita quanto di bello con la tua innata semplicità mi hai regalato. Quanta gioia hai portato in questa casa fin dal giorno in cui sei arrivata" è invece un passaggio del libro riportato da La Stampa.