Fumo passivo ai danni della giornalista: condannata la Rai
L'azienda di Stato dovrà risarcire l'ex conduttrice del Tg3 con 32 mila euro per i danni morali e biologici
Tempi duri per i fumatori incalliti ma anche per le aziende che non li scoraggiano a dovere e che anzi chiudono un occhio se i loro dipendenti si accendono qualche bionda di troppo. Ne sa qualcosa la Rai che è stata condannata dalla Cassazione a risarcire, con quasi 32mila euro più interessi, i danni biologici e morali da fumo passivo subiti da Anna Maria Pinnizzotto, giornalista ora in pensione, ex conduttrice del Tg3.
Le disposizioni contro il fumo non bastano - Senza successo l'azienda di Viale Mazzini si è difesa sostenendo di aver emesso disposizioni contro il fumo. Ad avviso della Suprema Corte, circolari e direttive "non costituiscono, evidentemente, misura idonea a contrastare i rischi da esposizione da fumo passivo" se non si fanno rispettare con sanzioni. In pratica, cioè, la Rai è stata troppo morbida. Queste disposizioni contro il fumo nelle redazioni e in tutti gli ambienti di lavoro della tv pubblica rimanevano "praticamente inattuate" perché l'azienda televisiva aveva scelto la strada del "cosiddetto approccio persuasivo e non repressivo", sottolinea il verdetto 4211 depositato dalla Sezione lavoro della Cassazione.
Verdetto che suona sinistro anche per gli altri datori di lavoro che chiudono gli occhi davanti ai fumatori incalliti. Prova del “permissivismo” di viale Mazzini sul vizio del fumo, è la circostanza che la Rai, nemmeno nel materiale difensivo depositato in Cassazione, abbia dato prova "dell'effettiva inflizione di qualche sanzione disciplinare" ai trasgressori del divieto di accendere sigarette, sottolinea la sentenza scritta dal consigliere Federico De Gregorio.
In pratica, la Suprema Corte, nel collegio presieduto da Federico Roselli, ha rilevato che quella della Rai è stata una "manchevole condotta" per la quale è stata riconosciuta la responsabilità di natura contrattuale dell'emittente pubblica, nei confronti della giornalista. La Rai infatti non ha “posto in essere misure idonee a prevenire la nocività dell'ambiente lavorativo derivante dal fumo".
Doppia vittoria perché c'è anche il demansionamento - In base alle perizie svolte sia in primo che in secondo grado, era emersa "la riconducibilità eziologica della patologia riscontrata a carico della lavoratrice alle condizioni di lavoro, ravvisando un danno biologico pari al 15%, con conseguente risarcimento".
Non solo. Il ricorso della giornalista è stato accolto per ciò che riguarda il demansionamento che avrebbe subito dalla Rai dopo che le era stata tolta la conduzione del Tg3. Su questo punto ci sarà un processo d'appello bis. Rigettato, invece, il controricorso della Rai.