Foto e video hot in pasto al Web. Alice, Tiziana e le altre: se la gogna porta alla morte. Cos’è il revenge porn e cosa fare
Aveva 15 anni quando fu costretta a un rapporto sessuale con 4 ragazzi e fu diffuso un video. Dopo due anni volò giù dalla Rupe Atenea di Agrigento. Tiziana invece era una trentenne quando i suoi video hot finirono in pasto alla Rete. Ma i casi sono tanti. Cosa dice la legge e quali consigli si possono dare per difendersi
Alice aveva 15 anni nel 2015, quando fu costretta a un rapporto di gruppo da alcuni ragazzi, due maggiorenni e due minorenni. Purtroppo fu realizzato anche un video che venne fatto circolare. Dopo due anni da quell’evento, da cui non si era mai risollevata, Alice in una maledetta giornata volò giù dalla Rupe Atenea di Agrigento. Ora la Procura Distrettuale Antimafia di Palermo ha notificato a due giovani di 27 anni l’avviso di conclusione delle indagini, che – di norma – preannuncia la richiesta di rinvio a giudizio. Sulla vicenda è in corso anche un'indagine della Procura dei minorenni nei confronti degli altri due ragazzi che, al momento dei fatti, avevano meno di 18 anni. Ovviamente l’ipotesi dei magistrati è che la ragazza si sia uccisa a seguito di quanto aveva subito e del filmato messo poi in circolazione.
La lettera straziante
Alice Schembri, prima di volare giù dalla Rupe, il 18 maggio 2017, aveva affidato una straziante lettera di addio a Facebook. "Nessuno di voi sa e saprà mai con cosa ho dovuto convivere da un periodo a questa parte. Quello che mi è successo non poteva essere detto, io non potevo e questo segreto dentro di me mi sta divorando – c’era scritto - Ho provato a conviverci e in alcuni momenti ci riuscivo così bene che me ne fregavo, ma dimenticarlo mai”.
La contestazione dei Pm
La procura di Agrigento ha riaperto il caso, dopo che la denuncia per istigazione al suicidio era stata archiviata nel 2018. I magistrati – secondo quanto riportano i media - contestano agli indagati di aver costretto la quindicenne ai rapporti “con violenza e abuso” e di aver “prodotto materiale pedopornografico”. Con l’aggravante di aver realizzato dei filmati “con una minore di 16 anni”, e “in più persone riunite”. Va detto che gli avvocati degli indagati ora potranno prendere visione degli atti, produrre memorie, atti difensivi o sollecitare ulteriori atti di indagine.
Il caso emblematico di Tiziana Cantone
La toccante storia di Alice però è solo una delle tante, come le cronache ci insegnano. Basti citare a questo proposito un’altra vicenda tornata a galla in questi giorni: quella di Tiziana Cantone. La donna nel 2016fu trovata cadavere, con un foulard al collo, nella casa in cui viveva con la mamma, nel Napoletano. La sua morte è sempre stata collegata ai video diffusi sul web - senza che lei lo sapesse - che la ritraevano in pose hot destinate a rimanere private. I video circolarono su siti porno e lei, inutilmente, cercò di farli rimuovere. Una situazione che l’avrebbe indotta alla fine a togliersi la vita.
Doveroso precisare tuttavia che proprio in questi giorni il GIP di Napoli ha accolto l'opposizione presentata dai legali della mamma di Tiziana, Teresa Giglio, contro la richiesta di archiviazione della Procura. La signora Giglio non ha mai creduto all’ipotesi del suicidio e, adesso, il Giudice per le Indagini Preliminari ha deciso di far partire nuove indagini.
La gogna e le devastanti conseguenze
In ogni caso quelli citati sono casi emblematici di quanto può capitare a seguito di attività sessuali filmate e poi mandate in rete. L’esposizione alla gogna mediatica delle vittime può produrre conseguenze devastanti. Quando i video finiscono in pasto ai social possono determinarsi fatti estremi. Il discorso è ampio e delicato, ma in linea generale si possono riportare le fattispecie in questione al cosiddetto Revenge porn, che ha come dato fondamentale la condivisione pubblica di immagini o video intimi tramite Internet, senza il consenso dei protagonisti degli stessi. Una pratica che può coinvolgere chiunque, perfino minorenni, e non conosce confini. Basta fare una veloce ricerca su Internet per rendersene conto.
Alcuni casi divenuti famosi
A Treviso – si legge sull’Ansa - nel dicembre del 2014 tre ragazzi, tra i 14 ed i 15 anni, convinsero una bambina di 13 a seguirli in un garage e a compiere atti sessuali il tutto ripreso con il telefonino. Alla fine inviarono il video ad un migliaio di coetanei con whatapp.
Nel novembre del 2017 una sessantina di liceali di Modena e Reggio Emilia scoprirono che le proprie immagini hard erano finite sul web. Le ragazze si erano scattate centinaia di selfie hot in una chat di whatsApp con l'impegno che doveva rimanere segreta. Ma secondo le vittime a sciogliere quel patto fu proprio il fidanzato di una delle ragazze. Sono, infatti, molto spesso gli ex, lasciati e non capaci di accettare la fine della relazione, a ricattare le donne.
Ma non è l'unico motivo. Ce ne sono anche altri, come accadde con Belen Rodriguez che anni fa presentò una denuncia nei confronti dell'ex fidanzato, o di Diletta Leotta che nel 2017 trovò in rete i suoi scatti senza veli e alcuni video hard rubati dal suo cellulare. La giornalista spiegò che i filmati le erano stati sottratti dalla memoria virtuale del suo telefonino. Tra i casi famosi recenti, c'è anche quello della deputata Giulia Sarti.
Ma ha fatto scalpore pure la vicenda avvenuta in provincia di Napoli, dove una persona, per vendicarsi della fine della relazione, aveva aperto un falso profilo Facebook a nome dell'ex compagna, pubblicando foto intime della donna. Cinque anni dopo l'uomo, un 51enne di Pompei è finito sotto processo dopo la denuncia-querela presentata dalla vittima.
Particolare il caso di Dalia Aly che “aveva 15 anni quando si trovò preda del revenge porn: ripresa – ricorda il Giorno - in atteggiamenti intimi vide il filmato diffuso online a sua insaputa. Per fortuna lei ha trovato la forza di reagire. Oggi ha 20 anni, studia Fashion design al Politecnico di Milano, recita e porta avanti una missione importante: combattere il reato della cosiddetta vendetta porno. E ha creato un Podcast, Fai la signorina, per affrontare argomenti come questo e non solo”.
Cosa dice la legge
Ma come viene trattato il revenge porn nel nostro Paese? Cosa dice di preciso la legge? La prima cosa da chiarire è che foto o video a contenuto sessuale, anche se una persona li inoltra ad un’altra, non possono essere diffusi senza il suo consenso, altrimenti si commette un reato. La norma di riferimento è quella dell’articolo 612-ter del Codice penale che ha per titolo “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”. La norma è posta a freno di una pratica gravissima salita alle cronache in maniera preoccupante. Spesso per la voglia di vendetta di un ex partner o per la determinazione ad arrecare un danno ad una data persona. E, come abbiamo visto prima, non mancano esempi di donne che hanno rinunciato alla vita per colpa della esposizione alla gogna in Rete.
La severa pena prevista
La disposizione punisce chi – “dopo averli realizzati, sottratti, ricevuti o acquisiti – invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, senza il consenso delle persone rappresentate. Le immagini o video a contenuto sessualmente esplicito sono quelli attinenti alle zone erogene non necessariamente limitate agli organi genitali, ma che possano riguardare anche altre parti anatomiche o coinvolgere parti non direttamente erogene”.
La pena è molto severa
Le pene sono severe. E’ infatti prevista la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro. Inoltre la pena può aumentare qualora i fatti siano commessi: dal coniuge (anche separato o divorziato) o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva con la vittima; in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza; attraverso strumenti informatici o telematici”. Il delitto è punito “a querela della persona offesa. Si procede tuttavia d’ufficio se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.
Come ci si può difendere
Questo per quanto riguarda l’aspetto giuridico. Ma come ci si può difendere dal Revenge porn? La cosa più banale che si può consigliare è di evitare sempre lo scambio di immagini di natura sessuale, specie per via informatica. Un altro consiglio è di agire il più velocemente possibile in caso si cada nella trappola diabolica. Come? Contattando, prima di tutto e immediatamente, il social network interessato. Lo scopo è quello di eliminare velocemente le immagini e bloccare l’account della persona che le ha postate. In caso di problemi è poi consigliabile rivolgersi immediatamente a un buon avvocato che verificherà l’opportunità di denunciare l’accaduto all’autorità giudiziaria. Come consigliano tutti i siti specializzati sarà inoltre fondamentale raccogliere le prove del reato (screenshot dei post, commenti, messaggi ricevuti). Si potrà inoltre verificare sempre con il legale l’opportunità di coinvolgere un esperto informatico che dia una mano dal punto di vista tecnico.
Una cosa è certa in ogni caso: è assolutamente necessario chiedere aiuto, mettendo da parte ogni paura e vergogna. Il prezzo da pagare altrimenti può risultare davvero alto, come tante storie salite drammaticamente alla ribalta dimostrano. Si parte dai disturbi psicologici fino alla depressione per arrivare alla spinta al suicidio che in più d'un caso – purtroppo - ha trovato tragica concretizzazione.