Perché gli autori di femminicidio escono dal carcere in media dopo 10 anni. I dati agghiaccianti
Con la riforma Cartabia gli assassini delle donne possono avere la pena ridotta. Poi ci sono i casi di domiciliari per malattia o problemi psichiatrici, fino a eclatanti errori giudiziari. Le madri delle vittime: "Le uniche condannate all'ergastolo siamo noi"
Una precisazione, intanto. Dal punto di vista penale un femminicidio è trattato, nel nostro Paese, come un qualunque omicidio. La questione di genere non sposta dunque la decisione dei giudici, a meno di specifiche aggravanti come lo stupro, il fatto che la vittima fosse incinta o precedenti denunce per stalking. E forse su questo si potrebbe riflettere, visto il numero crescente di delitti contro le donne.
Pene più lievi
Poi, ovviamente, la pena può essere ridotta per rito abbreviato, buona condotta, malattia dell'imputato e, dal 2019, anche grazie a corsi dedicati agli uomini maltrattanti la cui frequentazione (non l'esito) riduce gli anni di detenzione. Come nel caso di Davide Fontana che nel gennaio 2022 massacrò la fidanzata Carol Maltesi e nascose i pezzi del corpo della ragazza in un freezer. Ora, neanche un anno dopo il delitto, è stato ammesso al «programma di giustizia riparativa» introdotto con la riforma Cartabia.
Assassini ma malati
Diverso il caso di Dimitri Fricano, 36 anni, condannato a 30 anni di reclusione per l'omicidio della compagna Erika Preti, uccisa con 57 pugnalate in Sardegna nell'estate del 2017. Scarcerato perché "grande obeso". Malato anche Gian Luca Cappuzzo, condannato a 26 anni di carcere in via definitiva ma spedito ora ai domiciliari dal giudice di Sorveglianza. L'uomo l’8 febbraio 2006, quando era uno medico specializzando, anestetizzò la moglie Elena Fioroni con l’etere, l’avvelenò con un cocktail di farmaci e ne simulò il suicidio tagliandole le vene dei polsi, dopo aver narcotizzato i figli che all'epoca avevano tre e quattro anni. A loro avrebbe dovuto versare 250mila euro, ma non ha mai onorato la sentenza.
Se la malattia mentale accorcia la pena
Disturbi psichiatrici per Emiliano Frocione, padre di due figli, che il 9 settembre del 2014 uccise con 17 coltellate la moglie - Alessandra Agostinelli di 34 anni - per motivi di gelosia. Il 43enne di Alatri finirà di scontare la sua pena detentiva ai domiciliari.
Dopo 16 anni e mezzo lascerà il carcere a luglio anche Luca Delfino e in quanto "socialmente pericoloso" verrà accolto in una residenza per le misure di sorveglianza a Genova Pra' di Villa Caterina. Il cosiddetto "killer delle fidanzate" è stato dichiarato colpevole di aver ucciso il 10 agosto 2007 a Sanremo la sua ex fidanzata Antonella Multari. Su di lui pende anche l'accusa, mai provata, dell'omicidio ne 2006 di un'altra donna con cui aveva una relazione, Luciana Biggi.
I permessi premio
Dopo sei anni di reclusione era invece in permesso premio Lucio Marzo che ad agosto, a Cagliari, è stato fermato ubriaco a bordo di un'auto che non poteva guidare, e ha cercato perfino di fuggire dopo l'alt della Polizia Stradale. Marzo stava scontando la pena di 18 anni e 8 mesi nel carcere minorile di Quartucciu (Cagliari) per aver ucciso la giovanissima fidanzata Noemi Durini, sepolta viva sotto un cumulo di pietre a Castrignano del Capo, in provincia di Lecce, il 3 settembre 2017.
Permesso premio, dopo 12 anni dietro le sbarre, anche per Salvatore Parolisi, condannato a 20 anni di reclusione per l'omicidio della moglie Melania Rea. L'ex caporalmaggiore nel suo primo giorno di libertà, in un'intervista alla Rai, ha ribadito di essere non un assassino ma solo un traditore seriale perché "Melania era troppo mammona".
Recidivo ma scarcerato per buona condotta
Stefano Fattorelli, 50enne di Caprino Veronese, nell'ottobre 2022 ha accoltellato alla schiena la convivente. Nel 1999 aveva ucciso la moglie, Wilma Marchi, con le stesse modalità. Condannato a 12 anni era stato scarcerato per buona condotta.
Il 26 marzo 2023 è stato invece liberato, dopo 13 anni (ne avrebbe dovuto scontare 18) Abdelaziz El Houate, cittadino marocchino, che nel 2010 a Villanova di Camposampiero, uccise con più di cento coltellate la moglie, allora ventiduenne, Zineb Atif, mentre il figlioletto di appena due anni era in cucina a giocare.
Errori giudiziari
Nel 2013 viene scarcerato, ma per un errore giudiziario, Ivan Forte, che a Rubiera (Reggio Emilia) nel 2012 soffocò la convivente Tiziana Olivieri e poi appiccò il fuoco alla casa per inscenare una morte accidentale. L'uomo, reo confesso, dopo una condanna a 20 anni di reclusione, ha scritto al suo avvocato. "Le chiedo di non impugnare la custodia cautelare e nel caso lo abbia già fatto di rinunciare perché ritengo giusto rimanere in carcere. Grazie”.
Non tutti i casi sono uguali. Tra chi decide di scontare la propria pena come Forte, c'è all'opposto chi si arrampica sugli specchi pur di evitare il peggio. Come nel caso di Pietro Morreale, già condannato all'ergastolo, accusato di aver ucciso la 17enne Roberta Siragusa e di aver incendiato il corpo che fu trovato in un burrone nel gennaio del 2021 nei pressi di Caccamo (Palermo). Secondo il difensore dell’imputato la ragazza si sarebbe data fuoco da sola, poi Morreale la buttò nel dirupo per esaudire un desiderio della ragazza che intendeva morire lì, dove la coppia era solita appartarsi. Replica della parte civile: «Offesi il buon senso e la memoria di Roberta".
Processi da rifare
Poi, non ultimo, c'è la durata dell’iter giudiziario, spesso riaperto, rivisto, ridiscusso. Come nei casi dell'omicidio di Desirée Mariottini, la 16enne morta nell’ottobre del 2018 in uno stabile abbandonato nel quartiere di San Lorenzo a Roma, e Pamela Mastropietro, la diciottenne sempre di Roma uccisa e fatta a pezzi a Macerata ancora nel 2018. Per entrambe ci sarà un nuovo processo. Il commento delle madri delle due giovanissime vittime: "Le uniche condannate all'ergastolo siamo noi".