Carolina Marconi e Carolyn Smith, unite nella battaglia per non essere discriminate
Si chiama 'io non sono il mio tumore' ed è la prima campagna per il diritto all'oblio oncologico. Si tratta di dire basta alle discriminazioni alle quali sono sottoposte quasi un milione di persone in Italia guarite dal cancro. Per loro accendere un mutuo, stipulare un'assicurazione o adottare un figlio è difficile
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Quasi un milione di persone in Italia è clinicamente guarito da un tumore. Per la burocrazia, però, tutte queste persone sono ancora malate e rischiano discriminazioni, per esempio nell’ottenimento di mutui, per la stipula di assicurazioni sulla vita e l’adozione di un figlio. Per richiedere molti servizi, infatti, è necessario dichiarare se si è avuto il cancro e se si è guariti.
Quando si guarisce da un tumore sì rischia di essere privati di alcuni diritti sociali ed economici; per questo la Fondazione Aiom, lo scorso 4 febbraio, in occasione della GIORNATA MONDIALE CONTRO IL CANCRO, ha lanciato la prima campagna per il riconoscimento del diritto all’oblio oncologico “Io non sono il mio tumore”. A sposare la causa la presidente di giuria di Ballando con le stelle, Carolyn Smith: ballerina e coreografa, ha raccontato la sua lotta al cancro anche in un libro nel quale chiamava il tumore 'l'alieno'.
L'esperienza di Carolina Marconi
Recentemente anche la show girl Carolina Marconi ha iniziato la sua battaglia per il diritto all'oblio oncologico. Ospite di Silvia Toffanin a 'Verissimo', la showgirl ha ribadito l'importanza di sostenere il diritto all'oblio attraverso una petizione che oggi ha superato le 60mila firme. '60 mila volte grazie di cuore …altre 40 mila firme ed arriveremo a quota 100 mila per chiedere l’approvazione della legge sul Diritto all’oblio oncologico', ha scritto sui social in un post.
Carolina Marconi che sembrava essere ormai giunta alla fine di un calvario, dopo mesi di paure, rabbia, dolori dovuti al tumore che l’ha colpita nel marzo del 2021, proprio quando avrebbe desiderato guardare al futuro e riprendere in mano la propria vita, si è trovata a dover fare i conti con un’altra grande sofferenza. Non potendo nell’immediato avere un figlio, Carolina e il compagno Alessandro Tulli hanno deciso di adottare un bambino, ma hanno purtroppo fatto un’amara scoperta. La legge italiana non la considera idonea, perché, anche se guarita, ho avuto un tumore.
La discriminazione sociale
Giordano Beretta, presidente di Fondazione AIOM sostiene con forza le ragioni per cui le persone guarite dal cancro devono essere libere di guardare al futuro senza convivere con l’ombra della malattia.
Il professor Beretta ha dichiarato: “Oggi 3,6 milioni di cittadini vivono con una diagnosi di tumore. Il 27% di loro è guarito. Deve essere combattuta la discriminazione sociale che ancora esiste nei loro confronti. La legge permetterebbe di non essere più considerati pazienti dopo 5 anni dal termine delle cure se la neoplasia è insorta in età pediatrica e dopo 10 se ci si è ammalati in età adulta. Oggi, grazie a nuovi percorsi terapeutici, molti tumori vengono curati e altri possono essere cronicizzati: per questa ragione i pazienti che vivono anche a molti anni di distanza da una diagnosi sono aumentati e così le persone che trarranno benefici da questo provvedimento. Ogni neoplasia richiede un tempo diverso perché chi ne soffre sia definito “guarito”: per il cancro della tiroide sono necessari meno di 5 anni dalla conclusione delle cure, per il melanoma e il tumore del colon meno di 10. Molti linfomi, mielomi e leucemie e i tumori della vescica e del rene richiedono 15 anni. Per essere ‘guariti’ dalle malattie della mammella e della prostata ne servono fino a 20. Il riconoscimento del diritto rappresenta la condizione essenziale per il ritorno a una vita dignitosa ed è necessario all’abbattimento del connubio “cancro significa morte”, che crea barriere spesso insormontabili. Negli ultimi due anni molti Paesi europei hanno emanato una legge che garantisce agli ex pazienti il diritto a non essere rappresentati dalla malattia. L’Italia deve assolutamente seguire questo esempio”.
L'iniziativa promossa dalla Fondazione AIOM
Monica Forchetta, presidente dell’Associazione Pazienti Italia Melanoma (Apaim) che ha aderito all’iniziativa scrive: “Molti pazienti guariti da anni si vedono negare i propri diritti, nonostante la scienza stia facendo passi da gigante. Ormai ci si può curare da certe patologie e si è guariti a tutti gli effetti. Abbiamo deciso di lanciare la campagna per sensibilizzare le istituzioni. L’Italia non può essere da meno rispetto agli altri paesi europei. Approvando la legge non si cancella la storia clinica del paziente, ma si permette alla persona di non essere obbligato a dichiarare la propria patologia”.
L’iniziativa promossa dalla Fondazione AIOM si è ispirataal modello di Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda e Portogallo, Paesi Europei dove sono in vigore leggi chenon permettono questo tipo di discriminazioni sociali.
A sostegno dell’iniziativa sono stati realizzati la prima guida sul Diritto all’oblio oncologico, un portale web e una capillare campagna social, per promuovere la raccolta firme. Lo scopo è raggiungere 100mila adesioni, che verranno presentate al presidente del Consiglio per chiedere l’approvazione della legge. Tutti potranno contribuire lasciando il proprio nome, sia online che nei reparti di oncologia e nelle piazze: pazienti, caregiver, familiari, cittadini.
Per aderire alla campagna basta andare sul sito internet dirittoallobliotumori.org oppure sulla pagina Facebook della Fondazione Aiom. Un gesto veloce, che non costa nulla, ma che può fare la differenza per molti e può contribuire ad una visione più ampia della giustizia e della condivisione del concetto di umanità.