Chiara Ferragni è colpo di scena: rinuncia al ricorso al Tar sul Pandorogate e paga cifra record per le uova di pasqua. Ma è finita qui?
Alla fine di un lungo periodo culminato con la chiusura dell’iconico store di Milano, la separazione dal marito Fedez e dal manager Damato, la decisione è quella di pagare
E alla fine Chiara Ferragni con i suoi legali scelgono di evitare lo scontro e la voce grossa per versare 1,2 milioni di euro all'impresa sociale "I Bambini delle Fate" e di rinunciare al ricorso al Tar sul caso del Pandoro. Tutti ricordiamo il viso contrito di Chiara mentre spiega le sue ragioni indossando la tuta grigia del pentimento. Il risultato di tutto quel periodo travagliato è stato annunciato da un comunicato dell'Antitrust. Si tratta del 5% dei rispettivi utili distribuibili, con un minimo complessivo di 1,2 milioni per il triennio.
I soldi ai bambini delle Fate
Alla fine di un lungo periodo culminato con la chiusura dell’iconico store di Milano, la separazione dal marito Fedez e dal manager Damato, la decisione è quella di pagare. L'istruttoria, ricorda l'Antitrust, era stata avviata nei confronti delle società riconducibili all'influencer (Fenice, Tbs Crew e Sisterhood) e di Cerealitalia, società produttrice del dolce e titolare del marchio "Dolci Preziosi". Anche da Cerealitalia arriveranno 100mila euro a "I Bambini delle Fate".
Il caso delle uova di Pasqua
L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha concluso l'istruttoria aperta lo scorso gennaio sulla diffusione delle comunicazioni commerciali con cui sono state pubblicizzate le uova "griffate Ferragni" in occasione delle festività pasquali 2021 e 2022. Alla vendita del dolciume era associata un'iniziativa benefica a favore dell'impresa sociale "I Bambini delle Fate". Tramite l'istruttoria, l'Autorità intendeva verificare se le informazioni potessero indurre i consumatori a ritenere che, acquistando le uova "griffate Ferragni", avrebbero contribuito a sostenere economicamente l'impresa sociale "I Bambini delle Fate".
Mai più confusione tra affari e beneficenza
Tutte le società parti del procedimento hanno presentato impegni che sono stati valutati positivamente e resi vincolanti nei loro confronti dall'Antitrust. Oltre agli impegni di devoluzione finanziaria (anche 100.000 euro da parte di Cerealitalia) le società si sono inoltre impegnate a separare in modo netto e permanente le attività con finalità commerciali (promozione e vendita di prodotti e/o servizi) da quelle con finalità benefiche, in modo da eliminare alla base ogni rischio di diffondere comunicazioni commerciali non corrette sull'eventuale contributo che i consumatori possono fornire a iniziative benefiche tramite l'acquisto di prodotti o servizi.
La minaccia della multa
L'Autorità verificherà la piena e corretta attuazione degli impegni da parte delle società, e in caso di inottemperanza, oltre a riaprire il procedimento, potrà applicare una sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.000.000 di euro nonché, qualora l'inottemperanza sia reiterata, disporre la sospensione dell'attività di impresa per un periodo non superiore a trenta giorni.
Rinuncia al ricorso al Tar
I legali di Chiara Ferragni hanno anche depositato al Tar del Lazio la rinuncia al ricorso contro l'Agcm (RPT Agcm), l'autorità garante della concorrenza e del mercato ossia l'Antitrust sul caso Pandoro. L'influencer rinuncerebbe quindi a chiedere l'annullamento delle sanzioni. A riferirlo al Messaggero, fonti del team Ferragni a Milano. Alle società dell'imprenditrice, Fenice e Tbs Crew, a dicembre era stata inflitta la sanzione da un milione di euro per il pandoro 'Pink Christmas', lanciato sul mercato nel 2022.
Lo storico negozio di Milano chiude
Tremano i fan di Chiara Ferragni: il suo storico negozio di via Capelli, a due passi da Corso Como e piazza Gae Aulenti, potrebbe chiudere per sempre già ad agosto. La notizia, lanciata dal settimanale Chi, ha fatto il giro del web in poche ore, scatenando un tam tam di indiscrezioni e ipotesi sul perché di questa decisione tanto drastica.
Da sempre un punto di riferimento
Era il 2017 quando l'influencer più amata d'Italia tagliava il nastro del suo primo store meneghino, tra sorrisi e selfie con i fan. Da allora, il negozio era diventato un punto di riferimento per gli amanti del brand Chiara Ferragni, un luogo dove immergersi nel mondo patinato dell'influencer e acquistare capi griffati con il suo iconico logo.
Ma cosa ha spinto l'imprenditrice digitale a prendere questa difficile decisione? Le prime voci parlano di un calo delle vendite, conseguenza diretta del pandoro-gate e della successiva inchiesta della Guardia di Finanza. Ma davvero il clamore mediatico attorno alla vicenda ha avuto un impatto così pesante sul fatturato del negozio?
C'è chi avanza dubbi
Del resto, la zona tra Corso Como e Piazza Gae Aulenti non è mai riuscita a decollare come nuovo polo del lusso milanese, costringendo molti brand ad aprire e chiudere i loro negozi con frequenza. E poi, nella moda, i cambiamenti sono all'ordine del giorno: anche la Galleria Vittorio Emanuele, tempio dello shopping meneghino, vede insegne cambiare continuamente. Non sempre per colpa delle vendite, ma spesso per strategie di marketing e riposizionamento del brand.
Zona commerciale in evoluzione?
Resta da capire se la chiusura del negozio di Chiara Ferragni sia solo l'ennesimo cambio di guardia in una zona commerciale in evoluzione, oppure se dietro ci siano motivi più profondi. Di certo, la scelta arriva in un momento delicato per l'influencer, appena dopo l'uscita del suo storico braccio destro Fabio Maria Damato dalle società e a pochi mesi dalla chiusura delle indagini per truffa aggravata.
Il tempo dirà se questo è davvero l'addio definitivo di Chiara Ferragni a Milano. Ma una cosa è certa: la chiusura del suo primo store rappresenta la fine di un'epoca per i suoi fan e per la stessa influencer, che proprio da qui aveva lanciato il suo impero nel mondo della moda.