La polemica assurda sulla giornalista in Iran: Cecilia Sala e le donne che "se la vanno a cercare"

Due storie che apparentemente non hanno nulla in comuna ma che in verità ci raccontano moltissimo del nostro Paese che odia le donne in prima linea

di Claudia Sarritzu

Ma perché non se ne sono rimasti a casa loro? Perché spendere denaro ed energia per salvarle? Perché si mettono nei guai, consapevoli che quello che stanno facendo è pericoloso? Queste sono tutte le domande che si sono poste molti e molte utenti social riferendosi, prima al caso della speleologa  Ottavia Piana e poi a quello della giornalista  Cecilia Sala . Due storie che apparentemente non hanno nulla in comune ma che in verità ci raccontano moltissimo del nostro Paese, di quel patriarcato che il Governo nega ma che invece si annida e mette radici e prospera in tutte le piega della società, sui social in primis, dove senza filtro gli insultatori seriali sfogano le proprie miserie e frustrazioni contro la donna di turno.

La colpa è delle vittime

Perché, in fondo, che ti violentino o ti sequestrino o se anche solo di  permetti di inciampare in un dirupo o restare incastrata in una grotta, lontana dal focolare domestico , un po' te la sei cercata. La colpa continua a essere delle vittime che -non è una coincidenza- guarda caso sono sempre donne. Queste domande ne contengono una che si ripete in tutte le situazioni: perché ti sei permesso di essere liberato?

"Le colpe"

Ma cosa avrebbero fatto di male per meritarsi tutto questo odio? Semplice, donne erano libere appunto che svolgevano con passione il proprio mestiere. Piana è stata salvata dopo essere  rimasta bloccata per giorni in una grotta mentre mappava la zona per un interesse di grande importanza pubblico scientifico. Sala invece è stata  arrestata in Iran mentre faceva il suo lavoro, secondo una teoria sempre più confermata, come ostaggio da scambiare (l'arresto della collega infatti è avvenuto tre giorni dopo quello di Mohammad Abedini Najafabadi in Italia su ordine della giustizia americana, che ha già inviata alle autorità italiane la richiesta di estradizione). Due giovani donne, due professioniste insultate perché invece che restare a casa e  non dare fastidio , come è evidentemente ancora richiesto alle donne, si sono azzardate ad avere coraggio ea svolgere (entrambe responsabilmente e in sicurezza) il proprio lavoro. Perché non tutti i lavori si possono fare seduti a una scrivania. 

Il caso di Cecilia Sala

Nel caso della giornalista, il chiamarla solo per nome "Cecilia" e sottolineare quanto sia giovane per sminuirla e ridimensionare il suo spessore professionale, è all'ordine del giorno dal momento in cui la notizia dell'arresto è stata resa pubblica. Poi oltre agli insulti sotto gli articoli di tanti commentatori via web, c'è anche chi è riuscito a esultare per l’arresto di Cecilia Sala: ci riesce l’ineffabile Chef Rubio, al secolo Gabriele Rubini. Il cuoco in un post Telegram ha scritto parole deliranti: “Lunga vita all’Iran e a chi resiste alle ingerenze imperialiste. Miracolate sioniste e spie ebree con la passione dei viaggi non dovrebbero essere compiante, ma condannate. Il sionismo è il male del mondo”, ha scritto Rubio nel truce post riservato ai suoi cinquemila follower. Tra le tante reazioni quella del direttore de La7 Enrico Mentana che su Instagram commenta: “Non è obbligatorio avere a cuore la sorte di una giovane donna italiana arrestata in Iran. Non è obbligatorio far proprie le raccomandazioni della Farnesina di non dire cose che rischino di far saltare le delicate trattative per riportarla in patria. Ma denunciare falsamente quella donna di avere un ruolo che le aggraverebbe la posizione in modo pericolosissimo è inumano e criminale”, si legge sul profilo social del direttore del Tg La7. “C’è solo da sperare che anche in Iran sappiano quanto sia miserabile e indegno d’ascolto costui”, è la sferzata finale di Mentana.

Il caso di Ottavia Piana

"Sarò contento quando gli italiani la prenderanno a calci", "ora dovrai pagare le spese del tuo salvataggio", "ragazzetta sciagurata", sono queste alcune delle frasi finite sul web e indirizzare alla giovane professionista ma il Soccorso alpino e speleologico Trentino , che ha contribuito all'operazione di salvataggio, non ci sta. Così Luca Gandolfo, vice delegato, parlando anche a nome degli altri 16 soccorritori intervenuti per liberare la speleologa dall'abisso di Bueno Fonteno ha preso le sue difese: "La gogna mediatica che si è scatenata a seguito di questo intervento di soccorso, Ottavia non la merita proprio Si tratta del classico caso in cui ci si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato Ottavia Piana non è stata imprudente ma soltanto sfortunata: il passaggio che ha ceduto,. e dal quale è caduto per circa 5 metri battendo la schiena, avrebbe potuto reggere ancora o cedere prima Piuttosto è l'abisso di Bueno Fonteno ad essere caratterizzato da un notevole rischio, che però nella nostra attività di speleologi è qualcosa di ineliminabile, in qualsiasi località che ci troviamo ad esplorare". E aggiunge: "Anche gli infelici parallelismi con l'incidente accaduto alla stessa donna lo scorso anno lasciano il tempo che trovano. Si tratta di due dinamiche completamente diverse. Se nel primo caso si è trattato di un infortunio tecnico, questa volta è davvero frutto del caso: lei ei suoi compagni stavano procedendo nella mappatura di nuove diramazioni che prima erano sconosciute, purtroppo quando è accaduto l'imponderabile La speleologia non è un capriccio sconsiderato o un passatempo del tutto personale: si tratta di una disciplina che porta alla conoscenza di territori inesplorat i, studiando spesso ecosistemi unici e contribuendo così alla ricerca ambientale".