Carolina Morace e il coming out arrivato tardi: "Non sapete cosa abbiamo passato io e mia moglie"

Dodici scudetti e 500 reti segnate in serie A è il simbolo del calcio femminile in Italia. Oggi non solo è avvocato ma anche europarlamentare del Movimento 5 Selle

di Redazione

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Carolina Morace con i suoi 12 scudetti e 500 reti segnate in serie A è il simbolo del calcio femminile in Italia. Terminata la carriera da calciatrice è diventata allenatrice e commentatrice Tv. Oggi non solo è avvocato ma anche europarlamentare del Movimento 5 Selle. Il suo amore per lo sport inizia a "Venezia, in un campo di periferia. Sono figlia di un ufficiale di Marina. Ogni giorno, dopo pranzo, giocavo a pallone con mio fratello finché mia mamma non apriva la finestra e ci richiamava dentro. Avevo 5 anni".

Il debutto

A 11 anni debutta nel campionato femminile ma racconta "Erano anni in cui uno degli allenatori più intervistati, Eugenio Fascetti, diceva che noi non potevamo giocare a calcio. Perché? rispondeva. Punto. La sensazione di aprire una strada c’era eccome. Ma deve capire che noi antenate avevamo una spinta feroce rispetto alle giocatrici attuali, che mi paiono parecchio distratte". È sposata con l’australiana Nicola Jane Williams. Al Corriere della Sera racconta che il suo coming out risale a soli quattro anni fa, quando aveva 58 anni.

Sentirsi diverse in un mondo che non ci accoglie

Il coming out è arrivato con l’autobiografia “Fuori dagli schemi”: "Voi non sapete cosa abbiamo passato, nella nostra storia. Il percorso parte dalla scoperta di sentirsi diverse in un mondo che non ci accoglie certo con l’apertura di vedute di certi Paesi anglosassoni, vedi l’Australia di mia moglie. C’è ancora tanta sofferenza, e in molte in Italia non l’hanno superata. Questo governo contro le minoranze non è pienamente rappresentativo del popolo italiano: l’astensione al voto si spiega anche così. La cosa che fa più male, qui a Bruxelles, è essere accostati a Ungheria e Bulgaria sul tema dei diritti civili. È molto triste…".

Il coraggio di rivelare l'omosessualità

Il momento giusto per rivelare l’omosessualità, dice Morace, non c’è: "Ciascuna ha il suo percorso. Io ci sono arrivata grazie a Nicola: se sei la prima a considerarti una storia di serie B, il problema sei tu, mi disse. Ma non solo: se non si ha il coraggio di parlarne, come si può pensare di essere accettati?". "Sono stata una pioniera? Okay. Ho detenuto dei record? Va bene. Tutto ha contribuito a fare di me la persona che sono oggi. Empatia e dignità sono due cose che mi interessano molto di più dei traguardi raggiunti. Lo sport ha plasmato il mio carattere e i miei valori. Mi è ben chiaro che non si può sempre vincere. E, se perdo, da domani mi rimbocco le maniche e mi impegno ancora di più".

Il calcio femminile in Italia

Spiega Morace, "Il professionismo che abbiamo in Italia è solo un nome: è stato l’emendamento di un senatore per tre anni. Ma perché sia tale il professionismo deve autofinanziarsi, e da noi non è così in nessuno sport, non solo nel calcio. Mi sarei aspettata un progetto di professionismo: le ragazze, per bocca di Sara Gama consigliere federale, l’hanno chiesto? Non si può andare avanti a emendamenti. Adesso deve ripartire da se stesso per trovare la forza di rimanere al passo con l’Europa".

L'insegnamento più grande dello sport

Continua spiegando: "Lo sport mi ha insegnato che l’obiettivo non è vincere ad ogni costo e a prescindere, ma dare tutto quello che si ha dentro. Le cose indispensabili sono l’umiltà, l’allenamento e la capacità di sentirsi sempre parte di un gruppo, di una squadra. Per questo anche nell’Europarlamento a Strasburgo per me è cosa normale lavorare insieme, ognuno nel rispetto del proprio ruolo e di quello degli altri. Servono empatia e dignità e la forza di non giudicare mai chi è diverso da noi per l’aspetto o le abitudini, cosa che invece in Italia facciamo spesso. Io ad esempio ho scoperto di essere stata razzista inconsapevole: con mia moglie andavamo a vedere le partite di calcio e magari per farle notare una calciatrice che mi aveva colpito le dicevo “Brava quella ragazza di colore”. Nicola non mi ha mai risposto nel merito, non mi ha mai detto nulla, ma quando capitava che fosse lei a segnalarmi una calciatrice, faceva riferimento che so alla lunghezza dei capelli o al modello di scarpini, mai al colore della pelle. Così sono arrivata a capire quanto avessi sbagliato".

24/01/2025
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