Capoufficio assolto: le sue mani bambine per scherzo sul sedere di una collega

Si tratta di pochi secondi nei quali le mani si muovono autonomamente, tornano bambine e vanno per conto loro senza sapere esattamente qual è la loro meta

di G.M.B.

In tanti leggeranno con trepidazione le motivazioni della sentenza del tribunale di Palermo sulla depenalizzazione della palpatina - teorici del diritto penale, femministe, maniaci sessuali – ma in nessun ambiente l’interesse è alto quanto nel mondo delle neuroscienze. I giudici siciliani pare infatti abbiano individuato l’esistenza di un momento nel quale gli arti superiori degli individui di sesso maschile non sono connessi col cervello adulto.

Si tratta di pochi secondi (nelle motivazioni sarà certamente indicato il numero esatto) nei quali le mani si muovono autonomamente. Non sono spinte da bisogni quali afferrare un bicchiere di birra, estendere il dito medio o comunicare una pulsione sessuale. In un certo senso le mani tornano bambine. Si connettono al cervello così come era nei primi dodici anni di vita e vanno per conto loro senza sapere esattamente qual è la loro meta.

Può capitare che s’infrangano sul sedere di una collega di lavoro, sul seno di una barista. In alcuni casi le pargolette mani possono addirittura smarrirsi fino a precipitare dentro la scollatura o sull’inguine di una propria dipendente. Ma si ritraggono subito, come se avessero impattato con una medusa, proprio perché il cervello-bambino che attonito le guida è scevro da ogni malizia. Anche se il gesto non è accompagnato dalle espressioni (“Cucù!”, “Marameo”, “Giochetto o scherzetto?”), né dalle giustificazioni (“E’ stato il Fantasma Formaggino”) proprie di queste circostanze, è la sua rapidità a escludere che possa essere stato ispirato dalla libidine.

A maggior ragione quando a compierlo è un soggetto investito di un ruolo gerarchico sovraordinato a quello delle palpeggiate. In tal caso, infatti, anche immaginando che la connessione si sia ripristinata mentre ancora le mani giacevano sui glutei, l’ipotesi più probabile è che abbiano voluto richiamare l’importanza dei ruoli gerarchici nell’organizzazione dell’ufficio.

In attesa di un esame puntuale delle motivazioni della sentenza, l’intervista al dottor Bruno Fasciana – prudentemente realizzata per telefono dalla collega Claudia Mura – consente di individuarne le linee-guida e il complesso quadro psico-giuridico sui cui si fondano. Fornendo agli organi preposti elementi decisivi per rispondere alla domanda che sempre più spesso accade di udire all’uscita dei tribunali: “In che mani siamo?”