L’auto è femmina: dalla Giulietta alle Mercedes, la storia dei nomi dei modelli più famosi

Il libro dello storico dell’Onomastica, Enzo Caffarelli, racconta l'arte di dare un nome alle automobili. Ecco gli aneddoti più curiosi

di Redazione

Non c’è dubbio: le auto che hanno per nome un semplice numero difficilmente sono destinate a restare nella memoria collettiva come invece è capitato a modelli come la Flavia, la Fulvia e la Giulietta per non parlare delle Mercedes. Quasi sempre sono nomi di donna quelli capaci di suscitare emozioni ma anche quelli di località hanno il loro fascino come Maranello, Capri o Modena. Lo conferma lo storico dell’Onomastica Enzo Caffarelli, nel volume ‘I nomi delle automobili’ (Ed. Ser – L’Officina Romana, pp.117) in cui fa una disamina, fra sigle e denominazioni, degli ultimi 125 anni. Di particolare interesse, la scoperta del percorso che porta a “battezzare” un modello.

Da Giulietta a Topolino

A volte è solo una circostanza fortuita, come l’aneddoto secondo cui fu la galanteria di un principe russo, in un ristorante parigino, a indicare l’unica donna al tavolo di un gruppo di ingegneri dell’Alfa come “la Giulietta fra tanti Romei”. Altre volte c’è una lunga ricerca, con tanto di sondaggio fra i clienti (come per la VW Tiguan), altre ancora il nome di una vettura arriva dopo: un soprannome - il Maggiolino o la Topolino - che si va a sommare alla definizione ufficiale (Typ1 e 500) fino a cancellarlo per entrare nell’immaginario collettivo. Ci sono poi le scelte perfette, come quella di ribattezzare la nuova Citroen DS, ovvero “Déesse”, in francese: e dalla strada al mito la “dea” non ha mai perduto il suo nome ideale.

Cattive traduzioni

Ma il libro di Caffarelli parla anche tanti altri aspetti di questo processo, dai nomi scomparsi alle sigle, passando per le curiosità – come l’agenzia italiana Nome che ha battezzato la Renault Clio o la Fiat Stilo – fino alle denominazioni ‘infelici’ legate quasi sempre a traduzioni e riferimenti locali: così in Italia hanno faticato - fino a sparire - la VW Jetta e la ‘sorella’ Bora (burina in dialetto romanesco). Ma non è andata meglio alla Opel Nova (Non va, in spagnolo) o alla Toyota MR2 (che in Francia diventava simile a ‘merdeux’ e la traduzione è inutile).

Nomi rischiosi

Un controllo preventivo, infine, avrebbe evitato a Mazda di ribattezzare un suo modello ‘Laputa’ (in spagnolo la prostituta) mentre la Rolls Royce fece in tempo a bloccare la distribuzione della raffinata ‘Silver Mist’. L’evocativa ‘foschia argentata’ - ideale per una vettura così raffinata - in tedesco avrebbe funzionato molto meno, visto che Mist significa ‘sterco’.

Maja e Mercedes

Questo libro ci fa guardare alle auto in maniera diversa, scoprendo il percorso – spesso affascinante, talora divertente – che porta a dare un nome a un modello. Una storia antica come le stesse quattro ruote, se si considera che la più antica marca al mondo ha ‘rubato’ il nome a una ignara bambina, figlia del console a Nizza dell’impero austro-ungarico Emil Jellinek. Anche la sorellina Maja, ebbe in ‘regalo’ dal padre il nome di un modello, ma di lei si è persa traccia. Della piccola Mercedes, invece, no.