Arrivano le linee guida della Federazione svizzera di ginnastica. Mai più atlete con le gambe divaricate
Presentato un opuscolo promosso dalle federazione per evitare foto che sessualizzino le atlete, con tanto di esempi e posizioni vietate
Mai più foto considerate "sensibili" di pose ginniche che rischiano di essere sessualizzate. Lo scopo della Federazione svizzera di ginnastica è chiara: dichiarare guerra alle immagini delle atlete intente a eseguire esercizi con le gambe divaricate, siano a terra olle parallele o alla trave. Quando le ginnaste vengono fotografate frontalmente durante le gare, il risultato, per la federazione, potrebbe essere “suggestivo”.
Come si risolve il problema? Semplice, alcune figure non potranno essere più catturate dai fotografi, altre sì ma solo da angolazioni ritenute più “sicure”.
Equilibri innaturali sulla trave, volteggi contro ogni regola gravitazionale, voli alle parallele asimmetriche e ancora salti, capriole, rondate e filc. Ecco, sono queste le cose che dovrebbero far girare la testa a chiunque guardi una gara di ginnastica artistica. A quanto pare invece esiste un sottobosco che di quelle gare apprezza ben altro: la sgambatura dei body e l’inguine delle atlete.
Per quanto la posa possa essere perfetta, frutto di sacrifici e allenamenti logoranti, certe fotografie, secondo la federazione, attirano per altro e spesso finiscono per essere manipolate per dare vita a piccoli scandali sul web.
LE REAZIONI
La notizia di questo opuscoletto ha raccolto consensi e plausi, la federazione della vicina Germania ha già fatto sapere che lavorerà su qualcosa di simile. Del resto le sue atlete avevano già portato sul tappeto una personale protesta contro il body eccessivamente sgambato presentandosi, ai Campionati Europei del 2021 di Basilea, con una tuta dai pantaloni lunghi fino alle caviglie.
LE POSE VIETATE
Così ecco una serie di pose stilizzate sul volantino. Le foto con le gambe divaricate in sraddle jump sono “assolutamente vietate”, quelle di una spaccata invece catalogate come “possibili solo se prese da determinate angolazioni” e se qualche fotografo dovesse ribellarsi la federazione non esiterà a bandirli dalle loro gare.
Ragazze in body, ragazzi con i pantaloni lunghi
Per decenni è stato dato per scontato che le ragazze facessero ginnastica fasciate da body attillati e sgarbatissimi. I giudici commentavano dicendo che quel tipo di abbigliamento è indispensabile per poter giudicare correttamente le prestazioni. In realtà gli stessi giudici per decenni sono stati perfettamente in grado di giudicare gli uomini con i loro pantaloni lunghi che coprono anche i piedi sugli attrezzi o con i pantaloncini corti nel corpo libero.
Ma la censura fotografica è la strada giusta?
Quando si parla di censura del corpo femminile per combattere la sessualizzazione dello stesso c’è sempre da stare molto attenti. Nascondere i corpi invece che agire su chi in quelle pose ci vede qualcosa di sconveniente significa non risolvere un problema ma semplicemente aggirarlo. Anzi, in qualche modo significa colpevolizzare quel corpo, renderlo responsabile della condotta non tollerabile di chi fa un uso scorretto di quelle foto.
Ma soprattutto, nascondere e coprire col pretesto di proteggere le donne non è forse lo stesso atteggiamento che in altre parti del mondo produce veli e regole sull’abbigliamento che qui non potremmo mai accettare?
Lidia Cerruti
L’anno scorso la campionessa di nuoto sincronizzato Linda Cerruti, pubblicò una bellissima foto che la ritraeva in una posa tipica del suo sport con le otto medaglie appena conquistate appese lungo le gambe. La foto diede il via a commenti volgari, violenti e sessisti. Linda non cancellò lo scatto dai suoi social. Anzi con pazienza prese quei commenti e uno a uno decise di denunciare chi si permetteva di sfogare frustrazione sulla foto di una giovane donna.
E in seguito a quella denuncia ci sono state delle indagini, condotte anche dagli esperti del Centro operativo per la sicurezza cibernetica di Genova, e coordinate dalla Procura della Repubblica di Savona. E grazie a quelle indagini 12 uomini sono stati identificati e denunciati. Tra questi un impiegato romano cinquantenne, un operaio veneto, due pensionati residenti in Lombardia, un dipendente pubblico quarantenne residente in Friuli Venezia Giulia, un trentenne residente in Sardegna. Uomini normali, uomini diversi. Uomini figli tutti di una cultura patriarcale e violenta.
Ecco, la Cerruti ci insegna che quando un uomo diffama un donna e il suo corpo non è lei a doversi nascondere ma lui a doversi vergognare.
Linda Cerruti e la foto dello scandalo: denunciati gli autori dei commenti sessisti