Quando l'antisemitismo si mescola con la violenza di genere: lo stupro di una 12enne perché ebrea è solo l'ultimo episodio

L'antisemitismo dilaga. L'ultimo episodio raccapricciante e il lager di Ravensbruck dove 130 mila donne erano cavie umane da azzoppare e mutilare per testare farmaci

di Claudia Sarritzu

Le donne hanno sempre scontato una ulteriore discriminazione e violenza oltre a quella razziale ed etnica. L'essere donne le ha fatte diventare vittime due volte. Del razzismo ma anche del sistema patriarcale di cui sono impregnati tutti i popoli e le religioni. La donna come proprietà del maschio e, se ebrea o nera o semplicemente straniera, bersaglio ideale di violenza e umiliazione. Gli stupri etnici in guerra, la violenza sessuale come ulteriore punizione da scontare in quanto di genere femminile le ha rese doppiamente vulnerabili nel corso della Storia. E' così che a ogni ondata di antisemitismo, per esempio, che essere ebrea e donna diventa doppiamente pericoloso.  

L'antisemitismo dilaga: andiamo alle origini

Le origini di questo odio hanno origine durante l'espansione del cristianesimo. Nonostante Gesù fosse ebreo, agli ebrei venne attribuita la colpa del suo martirio, antigiudaismo (da Giuda infatti) cristiano però differenzia dal moderno antisemitismo che ha segnato i secoli recenti e lo sterminio nazista degli anni 30 e 40 del 900. E' infatti legato al passaggio da una discriminazione su base religiosa ad una base razziale, con la conseguenza che la nuova condizione era irreversibile. Cioè non modificabile attraverso la conversione al cristianesimo. Insomma la colpa non era più in ciò in cui si credeva ma nel semplice gesto di nascere, la colpa di esistere. Essere ebrei non significa più seguire una certa religione ma appartenere a una razza ed è così che dal pogrom si è arrivati alla Shoah.

Il caso della ragazzina stuprata perché ebrea

Siamo in Francia, a Parigi, in una banlieue. Uno di quei quartieri con forti contrasti etnici mischiati a miseria, emarginazione, integrazione imposta attraverso quella che è stata definita dai sociologhi, francesizzazione delle popolazioni provenienti dalle vecchie colonie. Una ragazzina di appena 12, accompagnata dai genitori, ha denunciato al commissariato di Courbevoie di essere stata violentata. Ha raccontato che si trovava con un amico quando tre coetanei, fra i quali il suo ex ragazzo, anche lui di 12 anni, l'avrebbero portata in un hangar abbandonato per poi picchiarla e insultarla a causa della sua religione. La vittima sarebbe stata poi stuprata, sempre minacciata "di morte con frasi antisemite", si apprende da fonti dell'inchiesta. Le indagini condotte dalla procura hanno consentito di identificare i presunti colpevoli delle violenze, che hanno 12, 13 e 14 anni. I 3 minori avrebbero parzialmente ammesso le loro colpe, affermando di aver agito "per vendetta", sostiene Le Parisien, spiegando che l'ex ragazzo della vittima sarebbe stato "molto arrabbiato poiché la ragazza gli avrebbe nascosto di essere di religione ebraica". Nel cellulare del ragazzo sono state trovate frasi e immagini antisemite, fra le quali quelle di una bandiera israeliana bruciata. Un altro dei presunti colpevoli ha confessato alla polizia di aver colpito la vittima in quanto avrebbe usato parole offensive nei confronti della Palestina. La vittima è stata condotta in un centro medico-legale dove l'esame ginecologico ha confermato le violenze subite. Due dei ragazzi sono stati iscritti nel registro degli indagati per stupro di gruppo, minacce di morte, ingiurie e violenze antisemite, secondo quanto riferisce la procura di Nanterre, precisando che al terzo sospetto è stato invece attribuito lo status di ''testimone'' per lo stupro mentre è indagato per gli altri due reati oggetto dell'inchiesta.

Quello che lascia interdetti è l'età della vittima e dei presunti aggressori, bambini più che ragazzi. La violenza di genere che dunque anticipa i tempi e vede un sempre maggior coinvolgimento di giovanissimi in età preadolescenziale macchiarsi di reati gravissimi, in questo caso sommata anche alla violenza raziale.  

Ravensbruck, il lager solo per donne

I nazisti avevano creato un lager solo per donne, Ravensbruck era l'unico campo di sterminio tutto al femminile, sia prigioniere che guardiane, dell'intera Germania, aperto nel maggio 1939 a nord di Berlino. Vi venivano rinchiuse e torturate donne definite asociali: senza fissa dimora, malate di mente, disabili, testimoni di Geova, oppositrici politiche, attiviste della Resistenza, comuniste, giornaliste, zingare, lesbiche, vagabonde, prostitute, mendicanti, ladre e solo in minima parte ebree. Ci finivano quelle donne che erano considerate reiette e che andavano rieducate (quando possibile), oppure punite ed estirpate dalla società. Come un'erba che potesse infettare la purezza ariana.

Oltre 130 mila prigioniere

In sei anni ci passarono più di 130 mila prigioniere, provenienti da venti paesi diversi. Non si sa quante morirono: almeno trentamila, forse novantamila. Prima della liberazione i registri del campo furono infatti distrutti. Si sa però cosa le donne subirono: sevizie, esperimenti, torture gratuite, sterilizzazioni, aborti e esecuzioni sommarie, oltre ai lavori forzati. Come un gruppo di studentesse di Lublino, cavie umane, azzoppate e mutilate per testare i farmaci destinati ai soldati al fronte. Le chiamavano "conigli". Oppure come quella madri a cui veniva permesso di dare alla luce i figli, per poi lasciare i bambini morire di stenti. Una giovane polacca provò a far sapere al mondo quello che stava accadendo: scrisse degli esperimenti sul margine delle lettere inviate alla famiglia, con inchiostro invisibile. La madre, a capo di un gruppo della Resistenza, fece arrivare le informazioni in Svezia e di lì a Londra, che le girò alla Croce Rossa svizzera, che tuttavia le ignorò. Nella gallery in alto il film Bocche inutili che racconta esattamente questo luogo di morte e terrore dedicato solo alle detenute donne.