Picchia e schiavizza la moglie e il Pm chiede l'assoluzione: "E' la sua cultura". Scoppia la polemica e la Procura si dissocia

Il pubblico ministero di Brescia ha chiesto l'assoluzione per l'ex marito della donna anche lei nata in Bangladesh ma cresciuta in Italia che nel 2019 ha trovato il coraggio di denunciare

di Claudia Sarritzu

"Sono stata trattata da schiava, picchiata, umiliata. Costretta al totale annullamento con la costante minaccia di essere portata definitivamente in Bangladesh. Dove è la giustizia e la protezione tanto invocata per le donne tra l'altro incoraggiate a denunciare al primo schiaffo? Oppure il fatto che io sia una bengalese tra le tante, mi rende di meno valore dinanzi a questo pm?"

Non riesce a crederci la presunta vittima dei maltrattamenti. Il pubblico ministero di Brescia ha infatti chiesto l'assoluzione per l'ex marito della donna anche lei nata in Bangladesh ma cresciuta in Italia che nel 2019 ha trovato il coraggio di denunciare.

La motivazione che ha fatto discutere

"I contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell'odierno imputato sono il frutto dell'impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge per conseguire la supremazia sulla medesima, atteso che la disparità tra l'uomo e la donna è un portato della sua cultura che la medesima parte offesa aveva persino accettato in origine".

"Le condotte dell'uomo sono maturate in un contesto culturale che sebbene inizialmente accettato dalla parte offesa si è rivelato per costei intollerabile proprio perché cresciuta in Italia e con la consapevolezza dei diritti che le appartengono e che l'ha condotta ad interrompere il matrimonio. Per conformare la sua esistenza a canoni marcatamente occidentali, rifiutando il modo di vivere imposto dalle tradizioni del popolo bengalese e delle quali invece, l'imputato si è fatto fieramente latore".

La Procura si dissocia

Il procuratore Francesco Prete precisa: " la nostra procura ripudia qualunque forma di relativismo giuridico, non ammette scriminanti estranee alla nostra legge ed è sempre stata fermissima nel perseguire la violenza, morale e materiale, di chiunque, a prescindere da qualsiasi riferimento 'culturale', nei confronti delle donne". Il pm, nelle sue conclusioni, ha infatti affermato che "i contegni di compressione delle libertà morali e materiali sono il frutto dell'impianto culturale e non della sua coscienza". E sottolinea che "in base alle norme del codice di procedura penale (...) nell'udienza, il magistrato del pubblico ministero esercita le sue funzioni con piena autonomia' e che sulla scorta dell'ordinamento giudiziario, le conclusioni rassegnate in aula "non possono essere attribuite all'ufficio nella sua interezza, ma solo al magistrato che svolge le funzioni in udienza". Oltre a prendere le distanze a nome dell'ufficio dal sostituto bresciano che, nel chiedere l'assoluzione dell'uomo, ha dichiarato che "i contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell'imputato sono il frutto dell'impianto culturale e non della sua volontà di annichilire e svilire la coniuge per conseguire la supremazia della medesima", il Procuratore ha tenuto a sottolineare che "le richieste di ispezioni ministeriali tese a verificare tale assunto ci lasciano assolutamente tranquilli, essendo tutti i magistrati dell'ufficio sicuri di avere sempre agito nel rispetto della legalità, secondo i parametri fornitici dalla Costituzione e dalla legge".

L'attesa per la sentenza

La sentenza è attesa per ottobre. La donna in un'intervista al Giornale di Brescia si è detta speranzosa: "Aspetto con fiducia la sentenza perché non posso pensare e credere che in una nazione come l'Italia si possa permettere a chiunque di fare del male ad altri impunemente solo perché affezionato a una cultura nella quale la donna non conta nulla e l'uomo può su di lei tutto, anche porre fine alla sua vita. Solo per una questione di obbedienza culturale. Ciò in Italia non può accadere"

La vice presidente dell'Eurocamera Pina Picierno: il ministro Nordio mandi a Brescia gli ispettori

"Il caso di violenza e riduzione in schiavitù avvenuto a Brescia, che vede protagonista una donna bengalese che ha coraggiosamente denunciato suo marito e l'assurda richiesta di archiviazione del Pm che ritiene la mentalità abusante e schiavista un retaggio culturale, ci dicono ancora una volta che occorre formare in modo adeguato il personale giudiziario. Siamo davanti all'incapacità dolosa degli organi dello Stato, di arginare le violenze sulle donne e la violenza domestica." Lo afferma la vice presidente dell'Eurocamera Pina Picierno. "Nessun codice prevede che il contesto culturale possa giustificare violenze e limitazioni delle libertà delle donne. Si è superato il limite e mi auguro che gli atti siano oggetto di verifica e ispezione. Basta richieste e azioni lesive sulla pelle delle donne", conclude.

La senatrice del Pd Valeria Valente, componente della Commissione Bicamerale contro il femminicidio e la violenza di genere: 

"Le parole con cui il pm di Brescia ha chiesto l'assoluzione per un ex marito bengalese accusato di violenze sulla moglie della stessa nazionalità sono gravi perché finiscono con il giustificare proprio la cultura patriarcale contro cui combattiamo per contrastare la violenza sulle donne. Una cultura sbagliata, che vorrebbe la donna naturalmente esposta alle vessazioni di chi la sposa e di cui diviene proprietà. In Italia non è accettabile che una donna venga picchiata o resa schiava perché per cultura il marito pensa che sia normale, neanche se questo intreccia il tema del rispetto della cultura di origine di persone straniere o migranti". "E' proprio per evitare casi come questo che serve la formazione degli operatori della giustizia. Gli stereotipi e i pregiudizi contro le donne non possono più albergare nelle aule giudiziarie, la violenza contro le donne deve essere riconosciuta come una violazione dei diritti umani fondamentali. Punto”.

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