La giornalista de "La Stampa": "Una sera di colpo mi alzo dal divano e crollo a terra". La neuropatia che la costringe in sedia a rotelle
"Tempo di salire sull’auto, e già non riuscivo ad allacciarmi la cintura di sicurezza. Tempo di arrivare al Pronto Soccorso e già mi serviva la sedia a rotelle": la storia di una battaglia illuminata dalla fede
Mi chiamo Alessandra Comazzi, sono giornalista, torinese, ho 67 anni e sono neuropatica. Mi occupavo di spettacoli, facevo il critico televisivo per un quotidiano, La Stampa. Adesso mi occupo soprattutto di tornare a camminare e di reimparare a usare le mani. Un bel salto anche emotivo. Perché c’è la fede, certo, ma poi ci sono la carità, e la speranza. Le tre virtù cardinali. E ho imparato che forse, in certi momenti difficili, proprio la speranza è la virtù più impervia. Era esattamente il 7 gennaio 2023, un sabato. Mi sentivo le gambe molli, in settimana avevo avuto un po’ di tosse. Mi verrà l’influenza, pensavo. Quella sera, mio marito Giorgio e io, non abbiamo figli, avevamo cenato normalmente. E dopo, ricordo, vedemmo un film alla tv, l’ultimo di Spielberg, The Fabelmans. Quando, verso le 23, finiamo di vedere il film, io cerco di alzarmi dal divano e crollo. Non mi reggo in piedi. Giorgio dice: «Non va mica bene, andiamo al Pronto Soccorso». Tempo di salire sull’auto, e già non riuscivo ad allacciarmi la cintura di sicurezza. Tempo di arrivare al Pronto Soccorso dell’ospedale Mauriziano di Torino, e già mi serviva la sedia a rotelle.
Mi alzo dal divano e crollo
Non c'è modo più efficace di raccontare la storia incredibile di Alessandra Comazzi, firma del giornalismo italiano, se non con le sue stesse parole. Alessandra è torinese. Da un po' di anni ha i capelli argentati e corti, gli occhi sono azzurrissimi e a far loro da cornice, gli occhiali da vista tonti. Capisce cosa vuole fare a 21 anni, lascia Giurisprudenza e inizia a scrivere per La Voce del Popolo, il settimanale della Diocesi della città, e per Stampa Sera. Vuole fare la giornalista perché comprende prima lei e poi anche chi la assume a quell’età a tempo indeterminato, a fianco di firme come Enzo Biagi e Indro Montanelli che lei sa fare la giornalista, dettaglio non da poco.
La più giovane giornalista d'Italia
Batterà un record: la più giovane professionista d'Italia. Raccontò umilmente tempo dopo che le "pareva un miraggio, ma capitai nel momento giusto, proprio quando stavano nascendo le pagine provinciali del giornale. Non ho dubbi che quella sia stata la mia svolta". A 40 anni incontra Giorgio, l’attuale marito, architetto. "Dopo 6 anni abbiamo deciso di sposarci, la mia vocazione familiare è stata tardiva. Ho sempre pensato che una donna, per realizzarsi, debba fare quello che vuole, e non per forza significa avere figli". Da un anno e mezzo soffre della sindrome di Guillain-Barré. Una polineuropatia acuta che l’ha costretta su una sedia a rotelle per diverso tempo oltre a una lunga e faticosa riabilitazione per reimparare ad affrontare la vita quotidiana, infilarsi i pantaloni, ricominciare a mangiare da sola. La fede l'ha aiutata tantissimo. Tutto il suo percorso verso la normalità è stato difficile ma lei ha avuto la capacità di affidarsi (fede appunto) alla speranza, come dice le la virtù più difficile.
Sono stata travolta dall'affetto
Al racconto di quello che ha passato e ancora sta affrontando sul suo giornale, La Stampa, ha susseguito una valanga di affetto e incoraggiamenti: "Niente retorica, niente luoghi comuni, niente frasi così per dire: ma sul serio, amiche e amici, sono stata travolta. E le ondate di affetto fanno bene al cuore e, sono convinta, anche al corpo. Ne hanno bisogno il mio corpo malandato e il mio cuore, ma di sicuro, i corpi e i cuori di tutti". Ha ringraziato così i suoi lettori e ha raccontato "Ho aperto La Stampa, rigorosamente di carta, mi arriva a casa alle 7 con il mitico abbonamento Metropolis, e ho trovato le due pagine con le reazioni alla testimonianza sulla mia malattia. Testimonianza che il direttore Andrea Malaguti ha ritenuto di pubblicare, qualche giorno fa. Volete la verità? Ero colma di gratitudine, ma credevo avesse persino esagerato. Ma dai, in fondo era un pezzo pensato per Donna Chiesa Mondo, il settimanale femminile dell’Osservatore Romano diretto da Rita Pinci. Aveva un taglio particolarmente collegato con la fede. Invece il direttore aveva ragione: e lo dimostrano proprio tutte le risposte arrivate sui social, con le mail, il whatsapp, il telefono, i messaggi e forse anche sul cavallo di Michele Strogoff. Perché quando si parla di sanità, gli animi si accendono. Però, fondamentale è parlare anche di cura. E questo giornale lo sta facendo molto".