Aiutò una donna vittima di violenza ad abortire: condannata. Primo caso in Europa
Diritto all’aborto nuovamente sotto attacco nel cuore del Vecchio Continente. In Polonia Justyna Wydrzynska condannata a 8 mesi di servizi sociali. Rischiava fino a 3 anni di carcere. Aveva aiutato Anna con delle pillole abortive e il marito di lei l’aveva denunciata
Aveva aiutato una donna vittima di violenza domestica ad abortire. Il tribunale l'ha condannata a 8 mesi di servizi sociali, per 30 ore al mese. Il diritto all'aborto è nuovamente sotto attacco. Non in un Paese qualsiasi, ma nel cuore dell'Europa, in Polonia. Dopo una battaglia durata quasi un anno, i giudici di Varsavia hanno deciso di condannare l'attivista Justyna Wydrzynska. Va detto che sarebbe potuta andare ancora peggio all'esponente del gruppo Abortion dream team che rischiava fino a tre anni di carcere con l'accusa di "aiuto all'aborto" e "possesso illegale di medicinali".
La vicenda
Wydrzynska era stata contattata a febbraio 2020 da Anna che aveva chiesto assistenza raccontando all'attivista polacca di essere stata vittima di violenza domestica e che suo marito le aveva impedito di andare in una clinica per abortire. Wydrzynska non ci ha pensato due volte e ha subito cercato di aiutare Anna inviandole le pillole abortive. Il marito, però, ha chiamato la polizia, che ha sequestrato il pacco e avviato un'indagine. La donna in seguito è comunque riuscita ad abortire. "Credo che ogni donna empatica ne avrebbe aiutata un'altra in difficoltà, mettendo anche a rischio la propria incolumità" ha detto Wydrzynska in aula, aggiungendo di non sentirsi in colpa e di non accettare il verdetto del tribunale polacco. I legali della vittima hanno già annunciato il ricorso e l'associazione Abortion dream team, che Wydrzynska ha co-fondato nel 2016, ha manifestato davanti al tribunale, con un sit-in di protesta, e ha twittato provocatoriamente: "Siamo colpevoli di aver fornito assistenza".
Il primo caso in Europa
La condanna dell'attivista crea un precedente inquietante: Amnesty International ha affermato - prima dell'inizio del processo - che quello di Wydrzynska è il primo caso in Europa "in cui un attivista viene perseguito per aver favorito l'aborto fornendo pillole abortive". La Polonia è uno degli Stati più proibizionisti, anche a causa di frange ultra-cattoliche che hanno un peso importante nelle scelte politiche. Nel Paese l'aborto è ammesso solo nei casi di stupro e incesto, o quando la vita o la salute della madre sono considerate a rischio. La legge polacca è stata ulteriormente inasprita dopo che la Corte costituzionale nel 2020 si è schierata con il governo di destra per dichiarare incostituzionali le interruzioni dovute a malformazioni fetali.
Il controverso disegno di legge
E rischiava di registrare una nuova stretta solo pochi giorni fa quando il Parlamento ha respinto un controverso disegno di legge - dal titolo L'aborto è un omicidio - che mirava a limitare ulteriormente una delle norme già più dure d'Europa ma che è stato rigettato per evitare una nuova ondata di proteste di piazza in vista delle prossime elezioni. L'organizzazione Abortion dream team ha affermato di aver aiutato 44.000 donne ad abortire. Solo lo scorso anno.