Aborto sicuro, le storie di Gaia e Serena rimbalzate da un ospedale all’altro, sgridate e giudicate
La trafila lunga, i commenti violenti, il far ascoltare il battito del feto, sono tutte pratiche che rendono dolorosa, fisicamente e psicologicamente questa già non piacevole situazione. Ecco alcune testimonianze
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Abortire in Italia è un diritto riconosciuto dalla legge 194 del 1978. Questo intervento è regolamentato dalla norma che descrive con chiarezza le procedure da seguire in caso di richiesta di interruzione di gravidanza: esame delle possibili soluzioni dei problemi proposti. E aiuto alla rimozione delle cause che porterebbero all'interruzione della gravidanza. La donna può richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute. Nel nostro Paese circa 63000 donne ogni anno scelgono di abortire. Da anni è confermato il continuo calo del fenomeno. Rispetto al 2019, si parla del 9,3% di aborti in meno. L'Italia è uno dei paesi con i più bassi livelli di ricorso alle IVG.
L'installazione che svela cosa accade davvero
Medici del mondo per la prima volta ci permette di ascoltare cosa realmente accade nelle nostre strutture sanitarie. Per questo nel centro di Roma abbiamo posizionato una speciale installazione all’interno della quale è stato possibile vivere un’esperienza sonora immersiva che ha permesso alle persone di ascoltare tante storie di donna che ci sono passate. Per quanto l'aborto sia legale, il 64% del personale sanitario si dichiara obiettore di coscienza rifiutandosi di praticare l'interruzione volontaria. La trafila lunga, i commenti violenti, il far ascoltare il battito del feto, sono tutte pratiche che rendono dolorosa, fisicamente e psicologicamente questa già non piacevole situazione. Noi vi raccontiamo le storie di Gaia e Serena. Perché la loro voce risuoni nelle nostre coscienze.
La storia di Gaia
Gaia ha trent’anni e quando ha deciso di abortire ha incontrato solo ostilità da parte del personale sanitario. È stata rimbalzata da un ospedale all’altro con il solo scopo di farle perdere tempo. Infine, le è stata imposta una pratica di IVG invasiva e psicologicamente traumatica. "Sono andata al consultorio di Vicenza per abortire ed è stato molto difficile. Una dottoressa ha iniziato a farmi delle domande tutte uguali deve farlo? ne è sicura?. Poi prima di farmi firmare il modulo per l'interruzione volontaria di gravidanza mi ha imposto di ascoltare il battito del feto: "Deve farlo, è la prassi, altrimenti non possiamo andare avanti con la procedura". Mi è stato proposto solo l'intervento chirurgico, la pillola abortiva non era contemplata. A quel punto sono stata sottoposta a tantissime visite, rimbalzata da un ospedale all'altro in comuni diversi. Una serie infinita di controlli e nessuna gentilezza. C'è chi mi ha chiesto se mi fossi divertita, ora paghi e chi ha voluto ricordarmi che bastava usare il preservativo.
La storia di Serena
Questa invece è la storia di Serena, 38 anni, tra giudizi e dolore fisico. "Mi sono recata da un medico appena ho scoperto di essere incinta, sapevo da subito che volevo abortire, non ho mai voluto avere figli. Ma già dalla prima visita ho ricevuto rimproveri: è troppo tardi per l'aborto farmacologico, doveva pensarci prima cara mia. All'ospedale di Mazzara ho parlato col primario di ginecologia, mentre mi spiegava rischi di complicazioni, infezioni, gravi emorragie e tanto altro, a quel punto sono svenuta 'ma che ca*** mettetela sul lettino e quando si sveglia la visito, a chi tocca dopo?'. Una volta visitata mi ha dato appuntamento per la settimana dopo dicendomi che ero ancora in tempo per la pillola, ma lui non si è presentato. Il mio caso quindi è passato ad altri due medici. Il tempo scorreva veloce e avevo paura non ne restasse più. Se avevi fretta ci pensavi prima, noi mica andiamo a casa della gente ad avvisare che è il momento di abortire. Durante il ricovero il medico mi chiede di seguirlo, signora venga con me dobbiamo controlla la situazione. Mi fa una ecografia e costringe a sentire il battito del feto. Riesco a prendere la pillola solo il lunedì successivo. Ma non mi danno gli antidolorifici per l'espulsione: rischiamo di bloccare lo sfaldamento e l'espulsione, un dolore atroce".
Foto pixabay