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L'Italia discrimina medici e personale medico che non hanno optato per l'obiezione di coscienza in materia di aborto. Lo afferma il Consiglio d'Europa, accogliendo un ricorso della Cgil e sostenendo che questi sanitari sono vittime di "diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti". Ma i medici non sono gli unici ad essere discriminati, perché le conseguenze si riflettono su tutta la società e sulla qualità della prestazione a favore delle donne.
"In Italia l'aborto è troppo difficile" - Le donne in Italia continuano a incontrare "notevoli difficoltà" nell'accesso ai servizi d'interruzione di gravidanza, nonostante quanto previsto dalla legge 194 sull'aborto. L'Italia viola quindi il loro diritto alla salute, afferma ancora il Consiglio d'Europa, pronunciandosi sul ricorso.
I limiti italiani - L'accoglimento del ricorso da parte del Consiglio d'Europa vuole sottolineare una situazione molto difficile in Italia, Paese che ancora dimostra di non saper superare i suoi atavici moralismi. Da una parte si impedisce di fatto alle donne di accedere al servizio essenziale dell'interruzione di gravidanza garantito dalla 142/78 e dall'altra si intende sconfiggere il fenomeno dell'aborto clandestino inasprendo le multe. Una norma entrata in vigore il 15 gennaio scorso porta infatti le sanzioni contro l'interruzione di gravidanza oltre i termini e in strutture che sono sono quelle ad esso preposte dal Servizio sanitario nazionale da 50 euro fino a 5-10 mila euro. Quasi un paradosso se si pensa che in alcune regioni, dato l'elevato numero di medici obiettori di coscienza (anche l'85%) è praticamente impossibile accedere al servizio.