La super tata Roberta Cavallo: 'Come educare i figli alla larga da capricci e ribellioni'
Intervista alla family-coach di '4 mamme', il nuovo programma in onda su FoxLife che tende una mano ai genitori nel difficile compito di educare i propri figli
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È il sogno proibito di ogni madre. Colei in grado di placare in un battito di ciglia o quasi i capricci del neonato o le testardaggini dell’adolescente. La Mary Poppins che non abita nei film e nei romanzi ma nella realtà. Insomma, la tata dei desideri o come la chiamano in “4 mamme”, docu-reality appena varato da FoxLife (canale 114 di Sky) e in onda ogni martedì in prima serata la family coach. Lei si chiama Roberta Cavallo, è una formatrice specializzata in “Crescita secondo natura”, ha al suo attivo 5 libri vendutissimi (tra cui, “Smettila di reprimere tuo figlio”, Le 7 idiozie sulla crescita dei bambini”, “Smettila di fare i capricci”), e per anni ha lavorato in un centro di affido per minori disagiati.
Roberta Cavallo, che cosa le sta dando l’esperienza in tv con il programma “4 Mamme”?
“Mi sta dando moltissimo, anche se non riesco ad entrare nella loro quotidianità ma in particolare la conferma che tutto ciò che ho teorizzato in questi anni effettivamente è ciò che funziona con i bambini”.
Ecco appunto, che cos’è che funziona con i bambini?
“Per quanto ogni mamma sa diversa dall’altra e ognuna abbia i propri talenti e le proprie debolezze, ci sono una serie di problematiche legate ai capricci, regole, come accogliere le emozioni del bambino come aiutarlo nel moneto del bisogno, funziona con tutti”.
Può farmi un esempio?
“Prendiamo il classico capriccio. A prescindere dal modo di essere della mamma, ansiosa, rigida o più morbida, e dal modo di essere del bambino, attivo, socievole o timido e taciturno, ciò che è importante è ascoltarlo, guardarlo negli occhi, assecondare le sue emozioni, stabilire un rapporto di empatia con lui. E in questo modo il bambino si sente accolto, capito e aiutato e di conseguenza ridimensiona il capriccio. Oppure nel momento in cui si dice un “no” mettendosi a disposizione del bambino e lasciandogli esprimere i motivi del suo disaccordo, se si rispetta la natura del bambino, tutte possono creare una relazione armonica”.
Tra i libri che ha scritto c’è “Smettila di programmare tuo figlio”. Si tratta di un tema molto dibattuto perché sono tanti i figli che rimproverano i genitori di non avere mai un po’ di libertà, anche solo di annoiarsi, tra un impegno e l’altro. E d’altra parte ci sono tanti genitori che si sforzano, anche tra mille sacrifici, di offrire ai loro figli tante opportunità che magari loro da piccoli non hanno avuto. Come se ne esce?
“Uno dei modi in cui i genitori si mettono in difficoltà, senza volerlo, è proprio quello di avere di fronte dei vasi vuoti che in qualche modo vanno riempiti, tarati, programmati. E quindi il quotidiano diventa una sequela di “non farlo così”, “quello no”, “parla bene”, spostati lì devi fare questo. Invece è molto più utile che noi consideriamo i bambini come dei vasi ultrapieni che hanno bisogno di essere ascoltati e osservati. Vediamo cosa vuole fare. Prendiamo un adolescente che magari si chiude nella sua camera. Invece di andare lì a rimproverarlo con un 2Basta, non è possibile, stai sempre chiuso” domandarsi perché fa questo? I bambini e i ragazzi sono esseri pensanti e hanno sempre un motivo per cui si comportano in una determinata maniera. Funziona di più l’ascolto e dare lui la possibilità d provare. Dopo gi si potrà magari far notare che in quel modo non ha funzionato ma senza colpevolizzarlo. Invece i genitori perseguono una sorta di politica di indottrinamento che rende per forza il bambino ribelle perché nella sua ribellione c’è sempre un messaggio: “prima ascoltami, poi magari mi aiuti. Ma prima voglio farti capire che bambino sono e voglio che tu mi conosci e mi accetti per quello che sono”.
Ma un genitore deve anche impartire delle regole. Prendiamo quelle più semplici come la cura della propria persona, come il famoso “devi lavarti i denti dopo mangiato”. Che si fa se il bambino o l’adolescente non ne vuole sapere?
“Innanzitutto credo che i bambini abbiano bisogno di una guida e che il genitore debba sempre mantenere un ruolo che lo pone leggermente più in alto rispetto al bambino questo perché il bambino o il ragazzo ha bisogno di sentirsi protetto. Il che naturalmente non ha niente a che vedere con il classico “padre-padrone”. Se il bambino è piccolo fornirgli mille spiegazioni sull’igiene personale e sui rischi della carie non serve. Molto meglio fornirgli l’esempio e lavarsi i denti insieme a lui magari come fosse quasi un gioco. Se invece si tratta di un adolescente bisogna prima innanzitutto comprendere perché non si voglia lavare i denti o farsi la doccia: lo fa perché odia il suo corpo e non si accetta? Oppure perché vuole provocarmi e attirare la mia attenzione? Forse bisogna prima lavorare sull’autostima o sul recupero di una relazione con lui che non si riduca soltanto all’impartizione di regole o sullo stare più tempo con lui. Se si ricucisce prima questa ferita il ragazzino diventa immediatamente pi disponibile alla collaborazione”.
Altra nota dolente è quella del cellulare e della televisione. Anche in “4 Mamme” ve ne occupate. Che cosa fare in una società sempre più digitale?
“Viviamo in un mondo tecnologico e negarlo non ha senso. È assurdo quindi dipingere tutto ciò che è tecnologico come pericolosissimo. Per la velocità di apprendimento e di informazione che danno gli strumenti di oggi, dal mio punto di vista è fantastico che i bambini abbiano questa opportunità. U gioco interattivo può funzionare molto di più di un insegnante svogliato che li tiene seduti per 8 ore al giorno. Detto questo, i bambini fino ai 7 o 8 anni hanno più bisogno di interagire con qualcosa di più concreto, con materiali semplici e radicarsi alla natura delle cose. Se si avvicinano alla tecnologia, anche perché magari vedono i genitori sempre più presi da cellulari e social, è necessario accompagnarli e stare con loro. È importante evitare che giochino da soli al videogioco o che guardino il video su Youtube per i fatti loro. Insomma è importante evitare che il cellulare o la tv diventino dei babysitter. Questo perché i bambini non fanno distinzione tra reale e virtuale: per loro è tutto reale. E se invece accanto a loro hanno un genitore che commenta il videogioco o il cartone a quel punto il bambino considera la parte reale della vita come suo riferimento e non si fa inghiottire dalla realtà virtuale”.
Questo programma si intitola “4 Mamme”. E i papà?
“In questo programma ci sono alcune mamme single o separate e quindi i papà in quel caso non ci sono. Ma ci avviciniamo anche alla classica famiglia tradizionale. E in quel caso c’è il papà che si fa coinvolgere di più e quello meno collaborativo”.
Ma lei cosa ne pensa? L’educazione, soprattutto quando il bambino è piccolo, è giusto che sia appannaggio della mamma oppure andrebbe condivisa da subito tra mamma e papà, rischiando magari conflitti su differenti visioni pedagogiche?
“In generale sono convinta che dentro ognuno di noi convivono una mamma e un papà. Che dentro ognuno di noi ci sia la capacità di esprimere la competenza materna e quella paterna. Sia che siamo maschi o femmine, papà o mamme. Quindi quando una mamma o un papà si trovano da soli a crescere un figlio, se hanno voglia di andare a cercare dentro loro stessi questa parte materna o paterna, riesce tranquillamente a portare a compimento il suo compito educativo. In genere, nella famiglia tradizionale, questi ruoli vengono suddivisi e la mamma tende a prendersi cura del bambino nella sfera più intima, quella che riguarda le emozioni e il senso di accoglienza, e il papà esprime un senso di autorevolezza, spinge il bambino a fare attività all’esterno ed è più predisposto al gioco e allo sport. Poi è chiaro che non è sempre così. Ci sono mamme che non hanno nessuna voglia di fare le coccole e tendono a portare “i pantaloni” in casa e a impartire regole. E ci sono padri che preferiscono essere più dolci e accoglienti con i propri figli”
Questo scambio di ruoli può creare problemi al bambino?
“Non è necessariamente un problema. L’importante è che il bambino abbia entrambi gli aspetti. Ecco perché sono convinta che anche una persona da sola possa crescere un bambino. Basta che faccia uscire da sé la competenza paterna e quella materna”.