Stuprarono 22enne dopo averla drogata: condannati a 12 anni ma difesi dalle loro compagne

I giudici Milano hanno accolto l’aggravante per l’uso dello stupefacente. Urla dagli imputati che si professano innocenti

Stuprarono 22enne dopo averla drogata condannati a 12 anni ma difesi dalle loro compagne
di Redazione

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Hanno stordito una 22enne con benzodiazepine, la cosiddetta droga dello stupro, versate di nascosto in un drink, per poi violentarla in un appartamento in Brianza. E' stata pienamente confermata dai giudici la versione alla base dell'impianto accusatorio del pm Gianluca Prisco e dell'aggiunto Maria Letizia Mannella, che aveva parlato di una donna trattata come 'selvaggina', a carico di Guido Guarnieri, Marco Coazzotti e Mario Caputo, condannati oggi in primo grado a Milano per violenza sessuale di gruppo, aggravata dalla somministrazione di droga, con pene fino a 12 anni di carcere.

La reazione dei familiari dei condannati

'Sono innocente', ha urlato Guarnieri dopo la sentenza, condannato a 8 anni e mezzo. A Coazzotti e Caputo, che è scoppiato in lacrime, i giudici hanno inflitto una pena più pesante, 12 anni di reclusione, anche a causa dei loro precedenti penali. Il pm Gianluca Prisco, titolare delle indagini, aveva chiesto per i tre condanne anche più alte, fino a 14 anni, e di non concedere - linea seguita dal Tribunale - attenuanti generiche perché sarebbero state 'un insulto' per la vittima. Il verdetto della nona sezione penale (presidente del collegio Elisabetta Canevini) ha anche suscitato la reazione veemente di amici e familiari degli imputati. Hanno inveito contro la magistratura e i giornalisti e poi una donna ha anche colpito con una mano la videocamera di un operatore della Rai.

Le compagne in difesa dei condannati

Come racconta Il Giorno, le compagne dei condannati erano lì a mandare baci e strizzatine d’occhio ai loro fidanzati. «Noi non siamo stupratori perché abbiamo usato il preservativo. Gli stupratori violentano le donne in strada, non le portano a casa dopo», ha urlato uno dei tre dietro le sbarre». «Appunto», ha commento la sua compagna poi zittita dal giudice. Alla lettura della sentenza è scattata la reazione più scomposta: «Mio figlio ha solo 22 anni», ha gridato una madre mentre offendeva giudici e spintonava giornalisti. «Amore, ma quando ci rivediamo?» chiedeva la fidanzata mentre il compagno veniva portato a San Vittore. 

I fatti

Nella ricostruzione dell'accusa, la sera del 13 aprile 2017 la ragazza aveva un appuntamento con Coazzotti, all'epoca suo conoscente. Il 29enne si era, però, presentato in auto con gli altri due uomini e il gruppo aveva raggiunto un locale di via Crema, a Milano. Là, secondo il pm, che nella sua requisitoria ha fatto anche riferimento alle immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza del locale, uno degli uomini avrebbe versato le benziodiazepine nel bicchiere della ragazza, ignara. I quattro avrebbero poi raggiunto la casa di Caputo, a Bellusco (Monza e Brianza), dove sarebbe avvenuto lo stupro.

I commenti degli stupratori

Secondo il pm, gli imputati erano convinti che la giovane 'dimenticasse l'accaduto' per l'effetto della droga. La 22enne, invece, una volta tornata a casa il giorno dopo, iniziò a sentire dolore e andò alla clinica Mangiagalli dove vennero accertate le violenze. Dopo la denuncia della ragazza, a dicembre dello scorso anno erano finiti in carcere Coazzotti e Guarnieri. Nelle loro conversazioni a San Vittore, poi, oltre a fare il nome di Caputo, arrestato qualche settimana dopo, avevano commentato così l'ordinanza di custodia cautelare del gip Giovanna Campanile: 'Cioè tutto questo per una sco... eh!'. I tre durante i loro interrogatori in aula hanno continuato a negare la violenza e i loro i difensori, gli avvocati Eliana Zecca, Guido Camera e Debora Piazza, hanno chiesto le assoluzioni. 'La ragazza è debole e condizionabile - ha sostenuto nella sua arringa l'avvocato Zecca - e si accompagna con ragazzi di contesti borderline'.

La vittima ha tentato il suicidio

I giudici, invece, hanno ritenuto attendibile la versione della giovane, che nella sua testimonianza ha spiegato che, dopo aver bevuto quel drink nel locale, ha provato 'una sensazione mai vissuta prima, diversa da quella che si ha quando si beve troppo. Per raccontarlo - ha concluso - bisogna prima provarlo'. In aula l’avvocato Benedetto Tusa ha ricordato: «La giovane, per sindrome post traumatica, ha perso il lavoro, non ha più il coraggio di uscire di casa e ha tentato il suicidio». È stata salvata dal padre che in aula non è riuscito trattenere le lacrime. 

25/07/2018
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