'Sono viva grazie a Fabrizio Frizzi. Ecco cosa mi ha detto qualche giorno fa'
Nemmeno Bruno Vespa riesce a trattenere le lacrime mentre parla Valeria Favorito, la ragazza veronese viva grazie alla generosità di Fabrizio Frizzi. Quando, nel 2000, era una bambina di 11 anni condannata dalla leucemia, Fabrizio Frizzi, in quel periodo impegnato sul set di una fiction, le donò il midollo osseo. 'Ero andata a Roma qualche giorno fa per portargli di persona il mio invito di nozze, volevo che venisse, volevo che lui fosse il mio testimone”, racconta commossa. “Fabrizio mi disse: “se le mie forze me lo consentiranno, oggi sto bene, domani non so'. E ancora: 'Ho perso un fratello. Mi chiamava “sorellina”. Ho perso una persona a cui tenevo tantissimo'. Valeria racconta poi di aver saputo che era stato Frizzi il suo donatore sentendoglielo riferire in televisione: “Fu mio padre a capire che si trattava proprio di Fabrizio. Io ero ancora in ospedale con mia madre. Poi, anni dopo, lo rintraccia durante “Una partita del cuore”. Prima chiesi a un tecnico della Rai di consegnargli una lettera, poi lo vidi e lo abbraccia. Lui capì subito chi ero”. Le parole sfumano in gola. È troppo grande il dolore: 'Dopo l'intervento ci siamo visti un sacco di volte. Ogni volta che lui passava per Verona o io per Roma ci si vedeva e si stava insieme. Fabrizio continua a vivere dentro di me”.
Tre anni fa anche Fabrizio Frizzi, commosso fino alle lacrime, raccontò di quell’abbraccio: “Per me, da sempre appassionato di musica, è sempre stato un sogno l’idea di rendermi utile ai miei eroi della musica italiana. E poi è stato grazie alla Nazionale Cantanti e alle tante attività benefiche che svolge, che io sono diventato un donatore di midollo osseo. Mi ricordo che andai a donare il midollo proprio poche ore prima della partita del Cuore del 2000, quella così potentemente evocativa della pace tra palestinesi e israeliani, quella a cui partecipò Sean Connery e che tra gli spalti dell’Olimpico celebrò la stretta di mano tra Shimon Peres e Yasser Arafat. Quel giorno allo stadio ero un po’ traballante. Ma c’ero. Poi, sei anni dopo, alla fine di un’altra partita del Cuore, questa volta giocata a Verona, vidi una ragazza attraversare il pubblico e venirmi ad abbracciare. Un abbraccio fortissimo ed emozionante. Io non sapevo chi fosse. Lei mi guardò dritto negli occhi e mi disse: “Sono la tua sorellina”. Sì, lei era la ragazza cui avevo donato il midollo osseo. Ed era arrivata lì per ringraziarmi”.