San Faustino, essere single per scelta o per scelta altrui: quando la ricerca di un partner diventa patologica
Chi soffre di anuptafobia vive il timore di rimanere single non come semplice insoddisfazione, ma come una paura smisurata e persistente nel tempo
Archiviato San Valentino e le smancerie di coppia, parliamo di chi non ha potuto celebrare la giornata degli innamorati ma può invece festeggiare San Faustino, adottato come patrono dei cuori solitari. Essere soli può corrispondere a una fase della propria vita oppure essere una scelta esistenziale o comunque di lunga durata. A dispetto di quanti pensano che stare da soli sia “da sfigati”, l'idea di non avere un compagno non è necessariamente una condizione negativa è può essere importante per vivere bene con se stessi. Invece ci sono ambienti o culture in cui si assiste a un vero e proprio single shaming, come fosse una vergogna non fare parte di una coppia e, per chi non crede in se stesso, questo può scatenare un dramma interiore cui si reagisce in modo persino ossessivo.
Se la solitudine diventa fobia
Cambiare il modo di percepire la solitudine, saper stare da soli, è una consapevolezza importante da raggiungere. Anche per evitare che diventi una sofferenza e che si trasformi in anuptafobia, cosa che si accentua in alcune situazioni come durante le feste o per San Valentino. La parola anuptafobia deriva dal greco “anupta”, che significa “mancanza di nozze”, e “fobia”, che indica invece la paura. Chi soffre di anuptafobia vive il timore di rimanere single non come “semplice” insoddisfazione o scontentezza, ma come una paura smisurata e persistente nel tempo.
Un partner a tutti i costi
Questa fobia, però, non riguarda solo il bisogno irrefrenabile di trovare a tutti costi un partner, ma ha a che fare anche con il disperato bisogno delle persone di mantenere una relazione, anche se di tipo disfunzionale. Per paura di rimanere soli, i soggetti che soffrono di anuptafobia tendono infatti a instaurare una relazione dietro l’altra o ricercare volutamente rapporti anche se insoddisfacenti. La paura di non avere un partner subentra soprattutto tra coloro che hanno una scarsa autostima o tra le personalità più dipendenti dagli altri, profondamente condizionate da modelli educativi e/o sociali in cui il coronamento amoroso rappresenta l’unico vero strumento per la realizzazione di sé.
Le persone anuptafobiche
Come gli psicologi della app TherapyChat sottolineano, questa ricerca instancabile dell’amore rischia di sfociare in una vera e propria ossessione e in comportamenti compulsivi in cui le occasioni sociali o di divertimento diventano funzionali esclusivamente per uno scopo: trovare il proprio partner. Le persone anuptafobiche reputano inutile distrarsi o dedicarsi a esperienze rivolte a procurare benessere e divertimento fine a se stesso e tendono ad adottare alcuni specifici comportamenti: ricercano in maniera ossessiva un partner; sono più inclini al flirt e alle avventure; vivono un maggior numero di storie con la speranza di incontrare la persona giusta; si accontentano di un partner non adatto o inappropriato pur di non chiudere una relazione.
Comportamenti compulsivi
Invece essere single può essere positivo per il benessere personale: sapere stare da soli e dedicare del tempo a noi stessi, può rappresentare un’importante opportunità di crescita, oltre che un’occasione per conoscersi meglio. Tenendo a mente il valore formativo che può avere l’essere single all’interno delle nostre vite, e imparando a convivere con esso, è possibile vincere il senso di sopraffazione che questo sentimento instilla in noi.
In vantaggi dell’essere single
Alcune ricerche scientifiche hanno inoltre dimostrato che quando la vita fuori dalla coppia diventa una scelta, e non una condizione obbligata, questa può portare notevoli vantaggi:
1) Aiuta ad amplificare le emozioni. Imparando a convivere con le proprie emozioni, sia positive che negative, senza rifuggire da esse, impariamo anche a gestire con maggiore calma e tranquillità la nostra gamma di sentimenti. In questo modo viviamo e accogliamo ogni nuova emozione nella sua interezza.
2) Porta maggiore coscienza di sé. Passare più tempo da soli ci aiuta a comprenderci meglio e a indagare sugli stimoli, i bisogni e le ragioni che motivano il nostro agire.
3) Incrementa la creatività. Ogni lavoro creativo, come scrivere o dipingere, richiede tempo e dedizione. Ritagliarsi del tempo per sé significa quindi poter dare libero sfogo alla propria creatività e coltivare le proprie inclinazioni artistiche.
4) Riduce l'ansia. Spesso sono proprio le relazioni sociali a influenzare negativamente il nostro stato psico-emotivo. Passare del tempo in solitudine aiuta a diminuire lo stress, l'irritabilità e l’ansia sociale derivante dalle relazioni esterne.
5) Rende più predisposti all'ascolto. Una maggiore consapevolezza di sé si traduce in una maggiore comprensione dell’altro. La solitudine amplifica la nostra empatia e ci rende più predisposti all'ascolto degli altri, oltre che più aperti nei loro confronti. Questa propensione verso l’altro migliora le nostre relazioni e ci permette di creare nuovi legami.
L’ anuptafobia
Ma quando il desiderio di una relazione diventa anuptafobia? Aída Rubio, Head of Clinical Content di TherapyChat, spiega che: “Il più grande campanello d’allarme che ci segnala che la nostra ricerca dell’amore è dovuta all’anuptafobia è quando paura o ansia diventano il motore stesso della nostra ricerca. Un altro elemento che ci aiuta a identificare la nostra voglia di una relazione come anuptafobia lo riscontriamo quando, una volta trovato il proprio partner, questo traguardo produce in noi un senso di sollievo notevole, in quanto allevia una paura della persona, ma non una soddisfazione in quanto tale”. “La persona - prosegue l’esperta - può ritrovarsi a rifiutare certe caratteristiche della propria identità, o certi frammenti della sua storia personale se sono legati a fallimenti nella sua incessante ricerca di un partner. Può evitare di parlarne, nasconderli e sentirsi terribilmente in imbarazzo. Allo stesso modo, può sperimentare sentimenti amplificati di gelosia verso coloro che hanno ciò a cui la persona aspira: un partner stabile. Infine, la persona con anuptafobia non solo può essere colpita da un significativo malessere interno, ma può vedere anche compromessa la sua vita sotto vari aspetti. Per esempio, può modificare i suoi schemi sociali per massimizzare le sue possibilità di trovare un partner invece di concentrarsi sul passare più tempo di qualità con i suoi cari; o può ritrovarsi ad attuare comportamenti sessuali rischiosi”.
Quando si deve andare in terapia
Quando è giusto rivolgersi a uno psicologo? “Non appena si riscontrano delle insicurezze, è un buon momento per andare in terapia. Le insicurezze sono il seme delle nostre paure, e forse basta un'esperienza negativa o un momento di stress significativo per scatenarle e farle diventare paure irrazionali, sproporzionate e persistenti. L'anuptafobia deriva dal nostro modo di relazionarci con gli altri e dalle modalità con cui i legami affettivi si instaurano fin dall'infanzia. È allora che cominciamo a capire quanto meritiamo di essere amati e in che modo, e da lì impariamo ad amare gli altri allo stesso modo.
L'origine del disagio è spesso nell'infanzia
Quando i legami affettivi nell'infanzia, o in altri momenti della vita, ci lasciano feriti e ci fanno dubitare del nostro valore, possono predisporre all'anuptafobia, o ad altri tipi di problemi non solo nei rapporti di coppia, ma anche nel rapporto con noi stessi. Manifestare insicurezze, non avere un'autostima stabile e positiva e, in generale, non accettarsi e non potersi sentire degni dell'amore incondizionato così come siamo, dovrebbe essere una spinta sufficiente per rivolgersi ad uno psicologo ed è, infatti, una delle problematiche più comuni” conclude la Rubio.