Resta incinta e perde il lavoro. Dopo 15 anni, ricercatrice universitaria mandata a casa

A metà maggio non le è stato rinnovato il contratto da 1100 euro al mese. 'Mi hanno detto che con la gravidanza le cose cambiano'

Resta incinta e perde il lavoro Dopo 15 anni ricercatrice universitaria mandata a casa
di Redazione

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Rimane incinta e l'Università di Torino non le rinnova il contratto. La denuncia arriva da una ricercatrice di Agraria che a metà maggio ha perso la borsa di studio da 1100 euro netti al mese, dopo 15 anni di collaborazione con i professori dell'ateneo. “Ho avuto una carriera fatta di collaborazioni continuative che è iniziata nel 2002 con il primo contratto – racconta Barbara Dal Bello a La Repubblica – Dopo la laurea e il dottorato, ho avuto per quattro anni assegni di ricerca, mentre negli ultimi due ho avuto solo borse di studio che ora non solo non mi danno diritto alla maternità, ma nemmeno all'indennità di disoccupazione”.

La colpa di aspettare un figlio

Aspettare è una colpa nel paese della natalità zero. “Ora sono all'ottavo mese, ma quando mi hanno detto che non mi avrebbero rinnovato il contratto avrei potuto ancora lavorare – racconta la ricercatrice – L'unico problema è che non potevo farlo nei laboratori dove svolgo di solito i miei studi perché lavoriamo con solventi organici con cui non si può entrare in contatto durante la maternità, però avrei potuto fare molte altre cose”.

Se sei incinta le cose cambiano

La vicenda è stata raccontata durante l'inaugurazione dello 'Sportello precari' aperto nel rettorato dell'Università di Torino dal coordinamento dei ricercatori precari di Unito e dalla Flc Cgil: “A 37 anni, con laurea e dottorato e tutti i titoli accademici che si possano avere, avevo una borsa di studio da 1100 euro netti al mese – denuncia Dal Bello – Ho scelto che era il momento per fare un figlio anche se sono precaria e con uno stipendio relativamente basso rispetto alla mia qualifica, ma non avrei mai pensato in una risposta come questa”. Il motivo del mancato rinnovo ufficialmente non è legato alla maternità: “Un fatto certo però c'è - dice la ricercatrice - A dicembre, prima che dicessi che ero incinta, era stato messo in previsione un fondo perché io continuassi a lavorare in quel laboratorio, ma quando a gennaio ho rivelato che aspettavo un bambino mi hanno detto proprio così: 'Le cose cambiano' ”. Quello di Barbara Dal Bello è uno dei tanti casi di precarietà negli atenei italiani di cui domani si discuterà nell'assemblea nazionale dei precari della ricerca, convocata a Torino nel dipartimento di Fisica. Anche i vertici dell'Università si stanno occupando del caso. Chissà che la decisione non sia reversibile.

16/06/2017
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