Il Pakistan insorge dopo l’assoluzione della cristiana che era stata condannata a morte
La storica sentenza di assoluzione di Asia Bibi, dopo 10 anni, ha scatenato violente proteste in tutto il paese e minacce di morte ai giudici
Non si placa l'ondata di proteste che da tre giorni stanno quasi paralizzando numerose città del Pakistan in seguito all'assoluzione della donna cristiana Asia Bibi da parte della Corte Suprema, che il 31 ottobre l'ha scagionata dall'accusa di blasfemia per cui era stata condannata a morte. Il rilascio della donna non è peraltro ancora avvenuto, e sembra essere stato ritardato proprio a causa delle proteste.
Le proteste degli integralisti islamici
Oggi le scuole e le università sono rimaste chiuse dopo che Khadim Hussain Rizvi, leader del partito radicale islamico Tehreek-e-Labbaik, ha annunciato che i suoi colloqui con il governo contro la liberazione di Asia Bibi sono falliti. Rizvi ha allo stesso tempo esortato i suoi seguaci a continuare proteste e sit-in, mentre le autorità hanno convocato le forze paramilitari per ristabilire l'ordine. Oltre 2000 manifestanti hanno bloccato la strada principale tra Islamabad e Rawalpindi. L'assoluzione di Asia Bibi è arrivata dopo quasi 10 anni e un calvario giudiziario che ha mobilitato mezzo mondo. La donna è stata frattanto trasferita dal carcere di Multan in un luogo sicuro in attesa di lasciare il Paese.
Sentenza storica
Parte del Pakistan insorge quindi contro la storica sentenza che segna uno spartiacque nella storia di violenta intransigenza religiosa dello stato asiatico. Insomma, mezzo mondo ha manifestato per la sua salvezza e ora che è stata assolta il suo Paese protesta perché la vuole morta.
La reazioni degli islamici radicali
Dopo la lettura del verdetto, nel Paese si è scatenata una violenta protesta e siamo al terzo giorno di manifestazioni. Il Partito radicale Tehreek-e-Labbaik guidato da Khadim Hussain Rizvi ha incitato alla rivolta, minacciato di morte i giudici e chiesto ai militari di ribellarsi. Nel Paese dove la legge sulla blasfemia è facilmente oggetto di strumentalizzazioni, il caso di Asia è sempre stato una miccia pronta a far esplodere la polveriera dell'intolleranza. L'ex governatore del Punjab Salman Taseer, musulmano, fu ucciso nel 2011 per essere intervenuto pubblicamente a favore della donna. La stessa sorte e per lo stesso motivo, sempre nel 2011, toccò al ministro per le Minoranze Shahbaz Bhatti, cattolico, assassinato sulla porta di casa.
Strade bloccate, negozi chiusi
Le proteste sono esplose in tutto il Paese. Chiuse le principali vie d'accesso tra Islamabad e Rawalpindi, mentre i dimostranti sono arrivati fino al bazar di Aabpara, a poche centinaia di metri da Parlamento e Corte Suprema. Al punto che è dovuto intervenire il premier Imran Khan con un appello alla nazione per invitare alla calma ma anche per mandare un messaggio chiaro a estremisti e radicali. 'Non sfidate lo Stato' e 'non costringete lo Stato a compiere azioni estreme', ha avvertito Khan, rivolgendosi poi alla gente per chiarire che i mullah 'non stanno aiutando l'Islam e non stanno servendo il Paese'.
Scontri con la polizia
Diverse città del Pakistan sono ancora paralizzate. La maggior parte delle strade sono bloccate a Karachi, il capoluogo della provincia di Sindh, mentre le attività commerciali sono ferme. Le proteste sono in corso anche in diverse città della provincia del Punjab. I manifestanti si sono anche scontrati con i poliziotti fuori dall'ufficio del capo della polizia a Lahore. In molte città del Paese è stato interrotto il segnale dei telefoni cellulari per impedire ai manifestanti di organizzarsi sui social media, dato che i principali media del Paese non forniscono alcuna copertura sulle manifestazioni. Anche gli ospedali sono in allerta per far fronte alla situazione di emergenza.
La soluzione: espatrio
'Non vedo l'ora di riabbracciare mia madre. Finalmente le nostre preghiere sono state ascoltate!', aveva detto piangendo la figlia minore Eisham. Per il marito, Ashiq Masih, l'assoluzione 'è la notizia più bella che potessimo ricevere'. Ma una nuova vita ci sarà solo fuori dai confini del Pakistan, forse in Spagna o in Francia, che hanno offerto asilo. 'Abbiamo molta paura di quanto potrà succedere' in questo Paese, ha detto il suo avvocato, Saif ul-Malook.
L’arresto nel 2009
Dopo 3.400 giorni di prigione Asia Bibi, 54 anni e madre di cinque figli, ha lasciato la cella ma non è ancora libera. Era il 2009 quando venne arrestata nel suo villaggio di Ittanwali, nel Punjab, per presunti insulti a Maometto in seguito alla denuncia di due donne musulmane dopo una lite. Nel 2010 la condanna a morte per impiccagione, e l'appello di Papa Benedetto XVI per la sua liberazione. Ma la pena capitale veniva confermata nel 2014 dall'Alta Corte di Lahore. Dopo il ricorso del 2015 è arrivata la decisione della Corte Suprema di sospendere la sentenza per approfondire il caso. Oggi le organizzazioni per i diritti umani, Amnesty International in testa, esultano insieme alla comunità cristiana per una sentenza che cerca di dare un segnale di interpretazione obiettiva della norma, ma gli estremisti islamici non ci stanno.