Oriana, Nilde, Tina, Samantha e le altre: Meloni cita le donne nel suo discorso ma è polemica sull’uso del nome
Ci sono Cristina (di Belgioioso), Maria (Montessori), Rita (Levi Montalcini) ma anche Elisabetta (Casellati), prima donna presidente del Senato. Ecco “le sorelle d'Italia” della presidente del Consiglio
Lo ha confessato subito nel suo discorso per la richiesta della fiducia alla Camera, Giorgia Meloni sente il peso di essere diventata la prima donna presidente del Consiglio e sa che se si trova su quella poltrona è perché ci sono state tante prime volte di donne non solo nei luoghi istituzionali nei quali lei oggi cammina. Rendere loro merito è doveroso e la premier lo sa, ma lo fa a modo suo elencandole per nome e tralasciando il cognome. Ma se ci sono nomi come Tina, Nilde, Oriana o Samantha che lasciano pochi dubbi, nel sentire Cristina, Maria o Grazia tanti si sono chiesti di chi parlasse. Per alcune ha dato indicazioni precise, per le altre in molti sono dovuti andare alla ricerca di quale potesse essere il pantheon di riferimento di figure femminili di Giorgia Meloni.
Le chiama quindi per nome ringraziandole per essere state coloro che 'hanno costruito con le assi del proprio esempio la scala che oggi consente a me di salire e rompere il pesante tetto di cristallo posto sulle nostre teste'. Poco importa che la locuzione accreditata e inventata dalla scrittrice e consulente di gestione Marilyn Loden sia quella del soffitto e non di un tetto.
Cristina Trivulzio di Belgioioso e Rosalie Montmasson
Il concetto non cambia e la prima delle donne citate da Meloni è Cristina Trivulzio di Belgioioso, definita 'elegante organizzatrice di salotti e barricate'. Si tratta di una nobildonna protagonista del Risorgimento che ebbe contatti con tutti i maggiori protagonisti dell'epoca e sovvenzionò insurrezioni. Organizzò - tra l'altro - un battaglione a Napoli per contribuire alle Cinque Giornate di Milano. Insieme a lei Meloni cita Rosalie Montmasson 'testarda al punto di partire con i Mille'. Moglie di Crispi, unica partecipante femminile alla spedizione di Garibaldi. Ma la rivoluzione - sembra dire Meloni - si fa anche a cavallo di una bicicletta.
Alfonsina Strada, Montessori e Deledda
Ecco, allora, Alfonsina Strada, prima donna a gareggiare nel Giro d'Italia che 'pedalò forte contro il vento del pregiudizio'. Ci sono poi Maria Montessori, col suo metodo pedagogico rivoluzionario e Grazia Deledda, scrittrice premio Nobel per la letteratura 'che con il loro esempio spalancarono i cancelli dell'istruzione alle bambine di tutto il Paese'. C'è poi Rita Atria, una testimone di giustizia che però si uccise a 17 anni una settimana dopo la strage di via D'Amelio proprio per la fiducia che riponeva nel magistrato italiano Paolo Borsellino.
Tina Anselmi e Nilde Iotti
Nel solco del revisionismo anti-fascista cui Meloni pare essersi votata dopo avere detto di non avere mai nutrito simpatie per i regimi totalitari, neppure quello fascista, nel suo discorso cita anche due partigiane: Tina Anselmi, prima ministra della Repubblica e Nilde Jotti, prima donna alla guida di Montecitorio.
Le giornaliste Oriana Fallaci, Mariagrazia Cutuli e Ilaria Alpi
Un omaggio, poi, a Oriana Fallaci, prima donna italiana inviata di guerra e ad altre due giornaliste, le inviate uccise mentre svolgevano il loro lavoro: Mariagrazia Cutuli e Ilaria Alpi. E ancora la direttrice del Cern, la fisica Fabiola Giannotti, la prima donna alla guida della Consulta, Marta Cartabia e la prima donna presidente del Senato, Elisabetta Casellati. C'è spazio anche per Samantha Cristoforetti, prima donna europea comandante della Stazione Spaziale Internazionale.
La premio Nobel e la madre sacrificale
E ancora la premio nobel Rita Levi Montalcini. Infine Chiara Corbello Petrillo. La giovane dichiarata beata per aver portato avanti una gravidanza col sorriso privandosi delle cure per un tumore, e diventata, tra l'altro un simbolo pro vita. 'Grazie - si raccomanda a loro in chiusura - per aver dimostrato il valore delle donne italiane, come spero di riuscire a fare anche io'.
La polemica sull’assenza dei cognomi
Usare solo i nomi propri per questo elenco di donne ha destato critiche unanimi da parte del centro-sinistra che ha visto nella scelta una connotazione sminuente: con il solo nome nessuna è riconoscibile. E ancora: gli uomini si indicano per cognome, le donne per nome, lasciando ancora aleggiare l’accusa di sessismo patriarcale che Fratelli d’Italia si porta appresso nonostante sia l’unico partito guidato da una donna. Alla critica ha dato voce in particolare Debora Serracchiani che, durante la replica alla Camera, ha accusato Meloni di promuovere un partito in cui le donne stanno “un passo indietro agli uomini”.
Facilissima la risposta della presidente del Consiglio: “Mi guardi onorevole Serracchiani, le sembro una donna che sta un passo indietro agli uomini”. E del resto se c’è un partito che ha poco da dire sulla rappresentanza femminile in Parlamento è proprio il Pd che ha espresso una percentuale femminile del 30%, esattamente come Fdi.
Perché Giorgia e non Mario?
Il perché della scelta di usare solo i nomi propri per l’elenco di quelle che potrebbero essere definite le “sorelle d’Italia”, resta ignoto ma, a ben vedere, se c’è una donna che viene spesso citata con il solo nome proprio è proprio Giorgia. E lo è pure da chi non si sarebbe mai permesso di chiamare Mario il suo predecessore.
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