Lavorare da casa per 50 centesimi all’ora in nero: la vita delle nuove schiave
Un’azienda del Bergamasco, gestita da un’indiana, dava lavoro a cottimo a 8 donne: tre indiane, due albanesi, una senegalese, una marocchina e un’italiana
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Come si possa accettare, nel ventunesimo secolo in Italia, una paga di 50 centesimi all’ora è un mistero spiegabile, forse, solo pensando a un contesto fatto di ricatto e povertà assoluta. Che questo fatto accada poi non nel profondo Sud ma nella settentrionalissima provincia di Bergamo e che non riguardi solo immigrate, categoria notoriamente priva di potere contrattuale, ma pure un’italiana rende la cosa addirittura surreale. Invece accade proprio che a Credaro otto donne e un uomo lavorassero in nero per soli 50 centesimi l'ora. Un caso che ci costringe a scomodare la parola “schiavitù” più che quella di “sfruttamento”.
Lavorare da casa per una miseria
La scoperta l’hanno fatta i militari della Guardia di finanza di Sarnico nel corso di un blitz in un capannone della «Rubber Valley», il distretto della gomma, un business che, come precisa La Stampa, è cresciuto del 40% negli ultimi cinque anni e non ha conosciuto crisi. Alla ditta gestita da una donna indiana, i finanzierei sono arrivati seguendo il gran traffico di furgoni che partivano e tornavano carichi di guarnizioni di gomma. I lavoratori erano addetti alla “sbavatura di guarnizioni in gomma”: oltre ai dipendenti in regola, ne sono emersi 9 del tutto in nero, che lavoravano nelle rispettive abitazioni di Adrara San Rocco, Villongo e Castelli Calepio. Si tratta di un indiano e di otto donne, tre indiane, due albanesi, una senegalese, una marocchina e un’italiana. Q2uasi tutte donne che avevano bisogno di lavorare da casa per accudire figli o familiari e che per questo venivano sfruttate.
La multa
Le lavoratrici a cottimo venivano pagate in base al numero di pezzi lavorati e arrivavano a guadagnare un massimo di 250 euro al mese. In alcuni casi la paga è risultata di un euro per mille pezzi lavorati e, considerato che per eseguire la lavorazione di mille pezzi potevano essere necessarie anche due ore, il guadagno di fatto era di 0,50 centesimi di euro all'ora. Nei confronti dell'azienda sono state comminate sanzioni per complessivi 27 mila euro, con obbligo di regolarizzare i lavoratori per l'intero periodo di lavoro prestato in nero e pagamento dei relativi contributi evasi. La donna che gestiva l’azienda è caduta dalle nuvole: aveva avviato l’attività solo sei mesi prima e ha promesso di sistemare le irregolarità.