'Vai a casa': scoppia l caso della famosa giornalista afghana messa a tacere dai Talibani
Dietro le rassicurazioni, il volte feroce e intransigente dei talebani non ha tardato a mostrarsi. Le promesse stanno a zero, proprio come le parole vuote di una svolta “moderata”, addirittura “femminista”, come è stata di certo troppo frettolosamente salutata da alcuni media ed esponenti politici del nostro Paese
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Dietro le rassicurazioni, il volte feroce e intransigente dei talebani non ha tardato a mostrarsi. Il sorriso diplomatico, con il quale si sono camuffati di fronte al mondo che ha assistito attonito e in disarmo alla loro risalita al potere, si è presto trasformato in un ghigno beffardo. Le promesse stanno a zero, proprio come le parole vuote di una svolta “moderata”, addirittura “femminista”, come è stata di certo troppo frettolosamente salutata da alcuni media ed esponenti politici del nostro Paese. A molti da subito è stato chiaro che in pericolo oltre alla democrazia e alla libertà della popolazione civile, c’erano soprattutto le donne, i loro diritti faticosamente ricostruiti sulle ceneri dello spietato regime di quelli che si sono definiti studenti islamici ma che in realtà sono sempre stati guerriglieri assetati di potere e nutriti di ignoranza e maschilismo. Le donne per i talebani sono semplicemente un bottino di guerra, da sottomettere, chiudere in casa e dare in sposa a qualche loro miliziano.
Così mentre da giorni i media documentano la disperata fuga verso l’aeroporto di Kabul, ormai presidiato e dunque off limit, gli spari sulla folla che manifesta il suo dissenso al nuovo regime islamista, le esecuzioni per strada di presunti ladri, le perquisizioni casa per casa, è arrivata anche la notizia del primo atto di guerra nei confronti delle donne. Di certo non è l’unico, in queste ore di caos e spari, ansia e fuggi-fuggi. Ma è altamente simbolico perché a venire messa a tacere è l’informazione libera.
A esserne vittima è una giornalista molto conosciuta nel Paese, Shabnam Khan Dawran alla quale oggi Talebani hanno impedito di andare a lavoro. “I talebani non hanno permesso alla mia ex collega di ToloNews (il principale canale di news del paese) e attuale anchorwoman del canale Rta Pashto di iniziare il suo lavoro oggi”, denuncia in un tweet il direttore responsabile di ToloNews Miraqa Popal, lo stesso giornalista che qualche giorno fa aveva documentato il ritorno dei volti femminili nei programmi della sua emittente. Ma si sapeva o meglio si temeva che quelle sottolineature del coraggio femminile sarebbero durate poco di fronte all’avanzata integralista al potere. “Nonostante io indossassi l’hijab e avessi i documenti in regola, un talibano mi ha detto: “Il regime è cambiato. Vai a casa””, a raccontarlo con la sua voce è la stessa giornalista che nel suo account Twitter ha postato un video nel quale testimonia l’accaduto e chiede l’aiuto della comunità internazionale.
Insomma, le donne a casa, meglio se ignoranti. D’altra parte da sempre il nemico numero uno del regime talibano è la scuola, l’istruzione, la consapevolezza dei propri diritti, tutte cose che i talibani cercano con accuratezza di proibire alle donne per sottometterle in tutto.
Dunque il grido d’allarme lanciato qualche giorno fa da Malala, premio Nobel per la pace e simbolo della lotta alla violenta repressione dei talebani, da quando nel 2012 fu vittima di un attentato, raggiunta da un proiettile alla testa per via del suo impegno sul diritto all’istruzione di ragazze e giovani donne, aveva colto nel segno: “Come molte donne ho paura per le mie sorelle afghane. Negli ultimi 20 anni milioni di donne e ragazze afghane hanno ottenuto un’istruzione. Il futuro che era stato loro promesso ora sta per scivolare via”, ha scritto sul New York Times, dall’Inghilterra dove è fuggita, si è laureata e vive. E ancora: “Le promesse dei talebani sulla garanzia dei diritti delle donne nel rispetto della legge sharia “non hanno senso. Dov’erano questi diritti vent’anni fa? Di quale sharia parlano? Di una versione tutta loro”.
Insomma, a differenza di quanto twittato frettolosamente da diversi esponenti politici italiani, non c’è da fidarsi del nuovo regime e conviene organizzare quanto prima corridoi umanitari e forme di pressione politica internazionale in modo che i più basilari diritti vengano rispettati. E mai come ora il tweet dell’ex ministro dell’Istruzione Fioramonti , “Mentre ex presidente Ghani, sostenuto dall'Occidente, scappa portando fuori dal paese 5 milioni di euro in contanti (presumibilmente mazzette), il nuovo governo dei #talebani annuncia NO burqa SÌ istruzione per le donne. Sogno o son desto?”, sembra ridicolo e superficiale. Purtroppo c’è poco da sognare. L’incubo per milioni di donne è ricominciato.