Da Messi a Tortu, finalmente gli uomini piangono: diciamo addio a uno stereotipo che ha fatto danni enormi
Sono proprio gli sportivi a dimostrare che i tempi in cui le lacrime erano indice di insufficiente mascolinità, sono finiti. Anche gli uomini sono liberi di mostrare le proprie emozioni e gli esempi sono tanti
“Non piangere, non sei mica una femminuccia”, a meno che non abbiano avuto la fortuna di genitori particolarmente emancipati, la maggior parte dei bambini si è sentita ripetere questa frase più di una volta. E se non da mamma e papà, l’hanno sentita dai nonni, dalle maestre, a catechismo o dagli allenatori di qualsiasi sport abbiano praticato. Se le lacrime in pubblico sono qualcosa di cui vergognarsi per le donne (“hai le tue cose?”), per gli uomini sono sempre state un vero stigma.
La discriminazione sessuale a discapito dei uomini
Se una donna piange davanti a tutti è fragile, emotiva, magari isterica ma è comunque una donna. Se è un uomo a versare lacrime? È una “femminuccia”: una versione diminutivo-spregiativa della femmina: e dare a un uomo della femmina per lungo tempo è stato quasi peggio che dargli dell’omosessuale. Ma forse oggi possiamo accantonare questa cultura arcaica e “machista” inaugurando una nuova era di liberazione proprio per gli uomini che, finalmente, si possono permettere di piangere e mostrare le proprie emozioni (il loro lato femminile, direbbe qualcuno). Che fossero lacrime di dolore, gioia o una più generica commozione, ne abbiamo visti tanti sui social e in tv nei giorni scorsi.
Il pianto di Messi
L’ultimo in ordine di tempo è stato Lionel Messi che, in conferenza stampa, davanti a genitori, moglie, figli, colleghi e sportivi in genere ha pianto senza ritegno dando l’addio alla squadra di calcio del suo cuore. E, per quanto in molti gli abbiano dato dell’ipocrita, lacrime come quelle non posso essere tacciate di menzogna. Chi piange così, senza sapersi trattenere, esprime sempre un sentimento sincero per il quale ci vorrebbe solo una reazione: rispetto. Ma che lezione dà un uomo che piange così davanti a tutti, soprattutto ai propri figli? Forse insegna che, finalmente, anche i maschi hanno il diritto di mostrarsi fragili, di esprimere il loro turbamento senza essere accusati di essere per questo meno virili. Forse i figli di Messi impareranno che compatire è meglio che giudicare e che il loro papà è un campione che vince e che cade, come tutti gli adulti.
Per gioia o per dolore
Fra Europei di calcio e Olimpiadi, ne abbiamo visti tanti piangere ripresi dalle telecamere. Ci sono state le lacrime dei compagni di squadra per il malore del danese Christian Eriksen, e come dimenticare il pianto dirotto del nostro Spinazzola? Il dolore fisico per l’infortunio e la disperazione per la consapevolezza di dovere interrompere la sua corsa alla coppa europea. E poi quante lacrime per rigori sbagliati e partite perse per un soffio. Ma pure di gioia per chi ha vinto e manda baci al cielo e in tribuna misti a lacrime di soddisfazione. I lucciconi e l’abbraccio fra Vialli e l’allenatore della Nazionale Mancini, resterà a lungo nei cuori degli italiani.
La parità
Tanti pianti maschili anche alle Olimpiadi: forse fra le immagini più belle di questi Giochi resteranno quei singhiozzi irrefrenabili di Filippo Tortu, stretto nell’abbraccio dei suoi compagni di staffetta Jacobs, Patta e Desalu dopo il traguardo. Ma sul podio a cantare l’inno tante e tanti dei nostri medagliati si sono commossi e hanno fatto frignare anche il pubblico a casa. Ecco finalmente una parità: uomini e donne liberi di piangere senza dovere nascondere le proprie emozioni, senza sentirsi meno uomini e meno donne, meno coraggiosi di fronte al dolore o alla fatica. In una parola, tutti più umani.