Conte e le donne: cosa c’è nel suo discorso sulla fiducia che dà fastidio alle femministe
Sono in tante, sulla stampa e sui social, a indignarsi per il fatto che su 75 minuti di monologo solo mezzo minuto sia stato dedicato all’universo femminile. Ma è davvero così?
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In un discorso di un’ora e un quarto, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte non ha parlato delle donne, o meglio ne ha parlato troppo poco e male. Il giorno dopo la richiesta della fiducia al Senato c’è chi fa l’analisi della dialettica del premier ed esprime critiche di questo tenore. Linkiesta.it ha fatto il conto e ha rilevato che, su 75 minuti di monologo, “solo 37 secondi sono stati dedicati alle donne”. Due i riferimenti: sul lavoro e sulla violenza sessuale.
'Daremo voce alle donne'
Il passaggio del premier sul lavoro femminile è questo: 'Vogliamo dare voce alle tante donne, spesso più istruite e tenaci degli uomini, e che sul posto di lavoro sono ancora inaccettabilmente discriminate e meno pagate, e che si sentono sole quando decidono di mettere al mondo un bambino'. Chi potrebbe dissentire su questa frase? È vero: le donne sono mediamente più istruite e in compenso sono meno pagate. Quando poi decidono di avere figli e magari tenersi il lavoro, trovano ben pochi servizi e sostegni. Ci sono dati oggettivi in proposito. Ci mancano invece quelli sulla tenacia che lascerei al piano dell’opinabile. Ma sono proprio le opinioni quelle che si sono scatenate su stampa e social network.
'Su violenza sessuale pene più dure'
Il secondo passaggio esplicito all’universo femminile è quello relativo allo stupro: 'Inaspriremo le pene per il reato di violenza sessuale oltre all'equo indennizzo a favore delle vittime'. Anche qui è difficile dissentire e in linea di principio si potrebbe essere d’accordo, invece sono piovute critiche anche pesanti. Prima fra tutte quelle che affrontare il tema della violenza sulle donne dall’esclusivo punto di vista delle repressione è quanto di più sbagliato ci sia. Giusto anche questo ma in un discorso programmatico che deve essere per forza di cose sintetico, forse non c‘era il tempo per enucleare le soluzioni. Da rilevare poi il fatto che, in un passaggio successivo, Conte ha fatto riferimento anche alle carceri (la repressione) e alla necessità di aumentarne il numero senza dimenticare la loro funzione: 'Ove necessario, aumenteremo il numero di istituti penitenziari anche al fine di assicurare migliori condizioni alle persone detenute, ferma restando la funzione riabilitativa costituzionalmente prevista per la pena, che impone di individuare adeguati percorsi formativi e lavorativi'.
E il ministero per le Pari Opportunità?
Resta il fatto che a molte, soprattutto a esponenti di un certo associazionismo tendente a sinistra, abbia dato fastidio che i riferimenti alle donne siano stati prevalentemente quelli alle madri e alle donne stuprate, entrambe trattate come categorie svantaggiate. Stesse critiche espresse all’indomani dalla lettura del contratto di governo. Non per niente questo esecutivo non prevede un ministero per le Pari Opportunità ma uno per la Famiglia (ancora l’equivalenza donne-madri) e le Disabilità per di più affidato a un uomo, Lorenzo Fontana, le cui idee antiabortiste e omofobe hanno già fatto spaventare tutte le femministe, e non solo. Ma a ben ricordare neanche il governo Gentiloni aveva previsto un ministero per le pari opportunità che erano state declassate a una delega del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi. La medesima delega era detenuta dalla Boschi nel governo Renzi quando era ministro dei Rapporti con il Parlamento.
Donne davvero escluse?
Del resto se ogni ministero adottasse politiche di uguaglianza di genere, non ci dovrebbe essere bisogno di un dicastero apposito. Ma questo ragionamento si può estendere. Non sarà, invece, che Conte nel suo discorso sulla fiducia si sia rivolto alle italiane e agli italiani? E abbia parlato di italiane e italiani facendo poi alcuni riferimenti specifici e limitati a singole problematiche femminili? Perché sentirsi escluse da una visione generale?
“Meritocrazia nella Sanità”
Faccio un esempio. Conte ha citato la meritocrazia nella sanità e questo, anche se non le cita, è un discorso che riguarda da vicino le donne. 'Vogliamo ottenere la riduzione dei tempi delle liste d'attesa e vogliamo che le nomine apicali delle strutture manageriali nel mondo della sanità avvenga in base a criteri esclusivamente meritocratici, rigorosamente al riparo da indebite influenze politiche', ha detto il premier. Ma il fatto è che, ormai, in medicina si laureano più donne che uomini e in corsia ci sono più dottoresse che dottori. Stranamente però i primari continuano ad essere la stragrande maggioranza e le primarie sono una rarità. Ecco, se davvero la politica uscisse dagli ospedali e vi entrasse la meritocrazia, ci sarebbero più donne nelle posizioni apicali. Insomma sarà la meritocrazia, se ci sarà, a salvare le donne, non le pari opportunità.