Cassazione: l’assegno di divorzio non è un vitalizio forzoso. I casi in cui non va concesso

L'uomo che guadagna circa 8mila euro mensili di stipendio non deve dare più l’assegno alla ex moglie che ne guadagna 25mila netti l'anno

Cassazione lassegno di divorzio non è un vitalizio forzoso I casi in cui non va concesso
di Redazione

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Con un’altra delle sue sentenze destinata a fare scuola, la Cassazione dà un’altra picconata all’idea del “buon matrimonio”, inteso in termini economici ovviamente. Gli ex che guadagnano molti soldi - scrivono gli 'ermellini' in un recentissimo verdetto - non per questo sono tenuti a versare l'assegno di divorzio alla ex moglie o ex marito che guadagna di meno. A mettere al bando 'l'idea' che l'ex coniuge economicamente 'forte' 'sia tenuto a corrispondere tutto quanto sia per lui 'sostenibile', quasi ad evocare un prelievo forzoso in misura proporzionale ai suoi redditi' è proprio la Suprema Corte che, sulla scia della famosa sentenza Grilli, lima ulteriormente i confini del diritto al vitalizio divorzile.

Quando si deve concedere l'assegno divorzile

'L'attribuzione e la quantificazione dell'assegno non sono variabili dipendenti soltanto dalla differenza del livello economico-patrimoniale tra gli ex coniugi o dall'alto livello reddituale del coniuge obbligato', sottolinea l'Alta Corte rilevando che la funzione 'riequilibratrice' dei redditi degli ex coniugi 'non esiste come funzione autonoma'. L'assegno divorzile deve essere corrisposto solo in caso di 'non indipendenza economica e/o necessità di compensazione del particolare contributo dato da un coniuge durante la vita matrimoniale, a determinate condizioni'.

Il caso concreto

Per far scattare il diritto all'assegno non basta, insomma, solo la disparità dei redditi tra marito e moglie che vogliono lo scioglimento della loro unione. Così la Suprema Corte ha accolto il ricorso di un marito divorziato contro la decisione della Corte di Appello di Roma che nel 2010, come già stabilito in primo grado nel 2010, gli aveva imposto di versare alla ex moglie 400 euro al mese. L'uomo guadagna circa 8mila euro di stipendio, e ha disponibilità di titoli finanziari, mentre la ex moglie - con la quale è stato sposato cinque anni senza avere figli - guadagna 25mila euro netti l'anno e deve pagarsi un affitto di 675 euro al mese. Sulla base di questi numeri i giudici di merito avevano accolto la domanda della ex di ricevere un contributo economico dall'uomo che un tempo era stato suo marito e che, dopo l'addio, si è rifatto una vita e ha avuto due figli da un'altra donna.

La sentenza finale

In Cassazione, i legali dell'uomo - Marco I.F. - hanno fatto presente che la ex moglie - Camilla C. - ha comunque la sua indipendenza economica e che si tratta di una persona giovane che al momento del divorzio aveva 35 anni e tante possibilità di arrangiarsi. In questo caso quindi è anche escluso che 'la sperequazione reddituale in essere all'epoca del divorzio sia direttamente causata dalle scelte concordate di vita degli ex coniugi, per effetto delle quali un coniuge abbia sacrificato le proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi interamente alla famiglia, in tal modo contribuendo decisamente alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune'. Ora la Corte di Appello di Roma deve tornare sui suoi passi e uniformarsi alle indicazioni degli 'ermellini' fornite nella sentenza 24932 della Prima sezione civile.

11/10/2019
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